Affidamento Familiare Internazionale
Premesse
Il Coordinamento Nazionale dei Servizi Affido, recepito l’intendimento delle forze politiche di tutelare, tramite il DDL n° 3373 "Modifiche ed integrazioni alla disciplina in materia di adozione ed affidamento internazionali" e le proposte di Legge n° 5725 e n° 5737 "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento familiare internazionale", il diritto ad una crescita in famiglia anche ai minori di altri paesi le cui famiglie non siano in grado, temporaneamente, di assicurare loro adeguata attenzione e cura, ritiene doveroso esprimere in merito le proprie osservazioni tecniche, già confrontate e condivise con le Associazioni del Privato Sociale indicate in calce.
Il CNSA, sede permanente di confronto e dibattito sui temi inerenti l’affido familiare e sulle problematiche familiari e minorili connesse, composto da operatori sociali con diverse professionalità rappresentanti molteplici soggetti pubblici, contribuisce quindi al dibattito e alla riflessione con l’esperienza e la formazione nel campo della tutela e cura dei minori che contraddistinguono i suoi aderenti.
Osservazioni in merito alle proposte di legge in materia di affidamento familiare internazionale
Si condivide la necessità di legiferare in merito ai soggiorni climatici rivolti a minori stranieri, attivati inizialmente in seguito alla tragedia di Chernobyl, ma la lettura delle attuali proposte di legge ha evidenziato alcuni punti che richiedono particolare attenzione per evitare rischi e conseguenze negative, certamente non desiderate.
Per prima cosa si pone l’accento sul fatto che l’affido familiare, secondo quanto indicato dalle Leggi 184/’83 e 149/’01, è finalizzato a garantire ad un bambino/ragazzo, una vita familiare nel tempo in cui la propria non è in grado di assicurargli adeguata attenzione e cura del suo sviluppo.
In altre parole, quando non siano risultati sufficienti gli interventi di sostegno ed aiuto disposti nei confronti del nucleo d’appartenenza, si risponde alla temporanea non adeguata capacità genitoriale offrendo, attraverso l’esperienza dell’affido familiare, un supporto al minore e alla sua famiglia, ma garantendo il mantenimento della relazione affettiva fra di loro. Tramite l’affido familiare si assicura, quindi, al minore quel sistema di cura parentale e di relazioni psicoaffettive necessarie per la sua crescita e, nello stesso tempo, si accordano alla famiglia d’origine il tempo ed il sostegno necessari al recupero di adeguate capacità genitoriali.
Obiettivo principale è quindi, ove possibile, il rientro del minore nella sua famiglia: secondo l’indicazione della legge, pertanto, i vincoli affettivi positivi tra minore e famiglia d’origine vengono non solo preservati, ma anzi sollecitati, supportando e sostenendo i rapporti fra il bambino/ragazzo e la sua famiglia. Gli affidatari hanno perciò anche il compito di essere facilitatori e mediatori nella relazione del minore con i suoi genitori biologici e di operare a favore del ritorno del bambino con loro.
L’affido comporta, inoltre, da parte dei Servizi Sociali, la preparazione ed il supporto alla famiglia affidataria, la preparazione ed il coinvolgimento della famiglia d’origine, sostenuta nel suo percorso di "recupero", nonché l’informazione ed il coinvolgimento del minore (ovviamente calibrato secondo l’età e la situazione personale).
L’adozione, invece, implica l’accertamento della sussistenza dello stato di abbandono del minore e della sua irreversibilità e, in caso di minore proveniente da altro Paese, l’impossibilità che questo possa essere adottato da una famiglia del proprio Paese d’origine.
La Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale (L’Aja, 29 maggio 1993), inoltre, annovera l’adozione internazionale fra gli strumenti di cooperazione internazionale a tutela dei minori, sebbene come soluzione residuale, sussidiaria ad ogni possibile intervento per mantenere il minore in seno alla sua famiglia o all’interno del suo paese d’origine; questo principio di sussidiarietà è stato ampiamente recepito nella Legge 476/98, con la quale è stata ratificata la Convenzione dell’Aja. Attraverso interventi di cooperazione internazionale, quindi, va stimolata all’interno d’ogni Paese la crescita di strumenti sociali, economici e politici che permettano alle famiglie di prendersi cura dei propri membri più deboli, garantendo loro un adeguato ambiente di vita.
L’affidamento internazionale, pertanto, anche se nella denominazione rimanda all’esperienza dell’affido familiare, si discosta, nella prassi, da tale servizio, proprio per alcune caratteristiche precipue:
- un’adeguata tutela del minore richiede di evitare bruschi mutamenti di situazione relazionale, ma non è possibile garantire effettivamente il mantenimento della relazione fra il minore e la sua famiglia ed il suo contesto sociale e culturale, se le distanze tra la residenza di questa e quella della famiglia accogliente sono notevoli, addirittura sono in stati diversi;
- la prevista possibilità di un affido anche per tutto il periodo di studi, cioè per diversi anni, nonché di adozione del minore dopo due anni se la famiglia d’origine, che nel frattempo è rimasta nel proprio Paese, accetta tale proposta (e non è indicato come e da chi è supportata nel percorso di recupero dai problemi che hanno motivato l’allontanamento del minore), rischiano addirittura di diventare un atto "punitivo" nei confronti di quest’ultima e, in questi casi, tale accoglienza può diventare, nei fatti, un canale che permette di superare la normativa vigente in materia di adozione;
- i tempi e i ritmi di vita sono diversi, anche profondamente, nei vari paesi del mondo: una temporanea accoglienza in famiglia di un minore residente in un altro Paese, non può conciliarsi, specie in situazioni d’emergenza, con la necessaria adeguata preparazione della famiglia accogliente e con il doveroso rispetto della cultura del bambino e della sua famiglia d’origine;
- un’accoglienza internazionale temporanea comporta, per il minore, un doppio sradicamento: prima per il passaggio dalla propria famiglia e dal proprio Paese alla famiglia accogliente e poi al momento del rientro nella propria famiglia e nel proprio Paese.
Occorre poi tenere presente che importanti organismi internazionali quali l’UNICEF e la Croce Rossa hanno indicato con forza, e su tale indirizzo si concorda pienamente, che anche in situazioni d’emergenza, quali la recente tragedia dello tsunami, è opportuno non sradicare dal loro Paese (seppur temporaneamente) i bambini, i ragazzi: occorre invece attivare interventi di sostegno a livello locale, anche attraverso organismi di cooperazione internazionale che favoriscano in loco forme di accoglienza familiare, permettendo così ai minori di rimanere nelle loro famiglie e nel loro Paese.
Inoltre si rileva che:
- le possibilità di ingresso e di permesso di soggiorno per motivi di studio e per cure mediche, anche in situazioni di emergenza, sono già sufficientemente previste e normate dalla legislazione vigente;
- la criminalità è sempre interessata ed abile a sfruttare ogni possibile canale, che consenta di dar seguito ai propri interessi nel massimo della legalità: occorre quindi porre la massima attenzione, per evitare di offrire involontariamente aperture a situazioni di sfruttamento (minori stranieri non accompagnati, ecc.);
- occorre rispettare i parametri e le modalità previsti dalla normativa sull’adozione: è quindi necessario evitare, in ogni caso, che le accoglienze temporanee di minori stranieri siano rivolte a minori in stato d’abbandono ed adottabilità, così come non va prevista la possibilità di adottare i minori al termine di tale accoglienza, perché questo significherebbe uno snaturamento dell’intervento e comunque il superamento dei percorsi di valutazione e preparazione previsti per l’adozione;
- l’accoglienza di un minore di un altro nucleo familiare in difficoltà, e tanto più quella di uno proveniente da un altro Paese, richiede non soltanto disponibilità, sensibilità e l’esercizio delle "consuete" capacità genitoriali, ma anche il saper adeguatamente affrontare e gestire l’esperienza e le problematicità che inevitabilmente possono sorgere. Questi minori, infatti, devono accettare e coesistere con una doppia appartenenza, e, nello specifico, superare differenze anche notevoli di cultura, mentalità, vita quotidiana. Occorre allora sia prevista, come per l’affido familiare e l’adozione, una fase di valutazione delle famiglie che si propongono per tale forma d’accoglienza ed il successivo supporto da parte degli operatori dei Servizi, che, con strumenti adeguati, accompagnino le famiglie e i minori nel loro percorso: ciò a tutela del minore e della famiglia accogliente;
- è opportuno, infine, nella eventuale predisposizione di una nuova proposta legislativa, identificare una più adeguata denominazione per esperienze di questo tipo, quale "Soggiorni climatici di minori stranieri", per non generare confusione rimandando ad uno strumento profondamente diverso qual è l’affido familiare.
Parma, 24/11/2005
La Presidenza e la Segreteria del CNSA
(AnnaRosa Benatti - Comune di Torino
Liana Burlando - Comune di Genova)
Le Associazioni:
ANFAA, C.A.M. (Milano), CNCA (Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza), CO.RE.MI. - FVG (Coordinamento regionale tutela minori del Friuli Venezia Giulia), Coordinamento degli Organismi del privato sociale operanti a Roma in campo di affido.
Documento fornito da:
Liana BurlandoCreato da: Comune di Genova
Il CNSA, coordinamento di tecnici impegnati nell’affido familiare
Coordinamento Nazionale Servizi Affidi