Le principali novità
Le principali novità introdotte, qualora venisse approvata questa riforma, sono le seguenti.
- Ciclo unico formativo su 5 anni e quindi unica sezione d’iscrizione all’Albo Professionale
- Accesso alla dirigenza
- Consiglio Regionale e Nazionale di Disciplina
- Formazione continua e permanente
- Assicurazione obbligatoria
Per quanto riguarda il Ciclo Unico si è detto che è un orientamento che gli ordini hanno condiviso da tempo. Certamente è un tema assai complesso, ma che deve essere affrontato in modo costruttivo e di prospettiva, partendo da elementi oggettivi di analisi.
In primo luogo si osserva la necessità di una formazione di base che tenga conto della complessità sociale ed organizzativa che il professionista affronta nei diversi contesti territoriali del nostro Paese.
Non sfugge a nessuno il susseguirsi di attacchi alla professione sia sul fronte degli interventi diretti con l’utenza che sul fronte gestionale e dell’utilizzo delle risorse. Si deve quindi partire da una base formativa adeguata, considerando altresì la necessità di alcuni insegnamenti che devono essere garantiti specificatamente. E’ certo che sarà compito dei Consigli Regionali e Nazionali futuri presidiare le Convenzioni e gli accordi con le Università così come previsto nella normativa approvata e in quella proposta.
Nell’architettura della proposta non sfugge una particolare attenzione nel prevedere che gli insegnamenti possano essere affidati a professionisti di comprovata esperienza nelle more dell’espletamento dei concorsi. Altresì si è cercato di valorizzare l’investimento fatto negli anni in dottorati di ricerca specifica, elemento essenziale per il riconoscimento nell’Università, richiedendo concorsi specifici.
Uno stimolo molto forte a procedere in questo senso è derivato dal grave disagio prodotto dall’applicazione delle ultime riforme universitarie, che hanno reso ancora più ridotta la formazione specifica di Servizio Sociale.
L’attuale quadro normativo dà la possibilità di accesso all’esame di stato nella sezione A dei laureati della laurea magistrale LM87, pur non avendo conseguito la laurea triennale di base L39, bensì da altre lauree triennali.
Questa proposta, peraltro articolata, non sottovaluta coerentemente con il dettato normativo l’aspetto qualificante dei tirocini. In questo specifico non è sicuramente secondaria l’esperienza accumulata nei vari territori e che dovrà essere garantita da specifica convenzione quadro tra CNOAS e MIUR.
Si può inoltre ricordare come elemento a supporto di tale scelta che l’attuale percorso formativo vede la possibilità di accesso al lavoro con un’età relativamente giovane. Questo che per molti aspetti è un elemento qualificante, visti i tassi di disoccupazione giovanile, può divenire un elemento di fragilità professionale soprattutto quando chiamati ad operare in situazioni di particolare gravità (si pensi all’area minori e tutela). Non potendo intervenire sulla strutturazione dei Servizi con indicazioni sull’esperienza necessaria o per richiedere forme contrattuali differenti che garantiscano esperienza, si ritiene il ciclo unico una prima forma di tutela della qualità degli interventi per i cittadini.
Deve peraltro essere previsto, se questa sarà la disposizione normativa accolta, come procedere per la regolarizzazione dei colleghi iscritti all’albo non in possesso di laurea magistrale. Come indicato nell’art. 22 al comma 1 è previsto di iscrivere automaticamente i colleghi al nuovo Albo Professionale qualora già iscritti.
In riferimento all’art. 8 della proposta si è cercato di dare seguito ai precedenti progetti di legge presentati. E’ questa una richiesta formalizzata da anni e che riteniamo possa dare ulteriore sviluppo non solo della professione, ma in particolare permette di portare le nostre esperienze e competenze nei luoghi di analisi e proposta dei servizi.
Tema assai più complesso è la riforma disciplinare, Capo IV -Organi di discipline e procedimento disciplinare-. Seguendo quanto disposto dalla Legge 148/11 non saranno più commissioni interne ai consigli a trattare la materia ed i relativi procedimenti, ma bensì un organismo indipendente composta da colleghi esperti non appartenenti al Consiglio Regionale. Questo, come detto più volte, nell’interesse diretto dei cittadini. E’ evidente che tale disposizione non sarà di semplice applicazione e che dovremo prevedere appositi regolamenti e azioni. Nei programmi di questo CNOAS è ben presente la necessità di ridistribuire le risorse necessarie a livello regionale per l’adempimento di questa nuova organizzazione. Premesso questo non si potrà eludere la necessità di creare organismi interregionali per non gravare ulteriormente sugli iscritti e consentire un adeguato funzionamento di queste realtà.
L’aggiornamento del Codice Deontologico e del relativo regolamento disciplinare rimarrà in capo al Consiglio Nazionale che provvederà in accordo con l’Osservatorio Deontologico a strutturare tutti i passaggi necessari.
La formazione permanente non è tema nuovo per la nostra professione. Con lungimiranza il precedente CNOAS, pur consapevole dei problemi che si sarebbero e si sono realizzati, ha avviato quella sperimentazione che oggi ci consente di stare entro i termini della legge. Sicuramente con le opportune modifiche al Regolamento ed alle Linee guida attualmente allo studio verrà quanto prima posto a regime l’intero sistema di formazione continua. Vera differenza è la previsione da parte della norma di sanzioni per chi non adempie a tale obbligo, cosa che non stupisce a fronte dei principi insiti nella legge di qualità ed adeguatezza delle prestazioni professionali.
Ultimo atto dovuto riguarda la stipula di una assicurazione di responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione. Il CNOAS si è già attivato per poter garantire ai propri iscritti le migliori condizioni di sottoscrizione. Non è escluso l’interessamento delle organizzazioni sindacali sul tema per quanti esercitano attività come dipendenti di amministrazioni pubbliche o per soggetti privati.
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