15 dicembre 2011
Lettera al CROAS Lombardia sulla riforma degli Ordini Professionali
Guardando al futuro.Note sul progetto di legge sull'ordinamento della professione di assistente sociale, in ottemperanza dei principi enunciati dall'art. 3, comma 5 del D.L. 138/2011, convertito. in L. 148/2011.
Ho inteso offrire alcune considerazioni imperfette e dialoganti sui temi posti all’attenzione dal CROAS contenuti nel Progetto di legge sull'ordinamento della professione di assistente sociale, in ottemperanza dei principi enunciati dall'art. 3, comma 5 del D.L. 138/2011, convertito. in L. 148/2011 (Approvato nel Consiglio dell’Ordine il 15 ottobre 2011) e sui testi offerti alla considerazione fino a oggi concernenti il processo di cambiamento in atto nel sistema-Paese e nella professione; il primo a firma della precedente consiliatura dell’Ordine, il secondo a firma di alcune colleghe di quella consiliatura.
Quanto enuncerò avrà la forma retorica e forse la pesantezza di una modalità saggistica, e ciò solo per mantenere il rigore dell’argomentazione.
Serve in questo contesto ricordare come le molte criticità enunciate nei testi citati e in quelli che sono stati generati in virtù di questi da altri colleghi siano riferite dalla ricerca ai processi correlati alla modernità radicale (Giddens) o liquida (Bauman) per cui la fine delle grandi narrazioni (quelle religiose al pari di quelle laico–politiche), simbolizzata dalla “caduta” del muro di Berlino (che non è per niente caduto, ma è stato demolito in occasione di un efficace intervento discorsivo del giornalista italiano Riccardo Ehrman nell’ambito dello snodo storico che si era generato: articolo ), il processo di secolarizzazione, la fine dell’incantamento (Weber) hanno restituito ogni persona al proprio essere “individuo” (Beck), fuori da una storia comune non più possibile e responsabile per la propria vita e per il proprio destino. Non era più data la strada tracciata della carriera, del domani che sarà meglio di oggi, dello sviluppo che veniva fatto coincidere con il progresso, né la continuità nelle e delle relazioni significative, ma l’intermittenza delle mobilità, la precarietà di ogni assetto, l’assenza dio ogni stratificazione, il continuo e liquido modularsi dell’identità personale nei contesti altrettanto mobili e quindi il dover ogni volta cominciare daccapo. Finiva il ‘900 dell’acciaio e delle macchine e delle modalità conoscitive correlate (paradigmi meccanicisti) per cui il mondo era dato e conosciuto in quanto tale, tanto che anche l’inconscio (in conosciuto per definizione) era conoscibile, e iniziava una nuova modernità in cui l’interazione, la rete, il cambiamento costituiscono la mobile zolla ctonia su cui si generano continui terremoti e nulla più si stratifica. Gli aspetti economici, culturali, interattivi di una dimensione nomade e migrante (e non solo del sud del mediterraneo verso l’Europa, ma anche del sud dell’Europa verso il nord) hanno trasformato la configurazione del mondo e si sono poste come necessarie differenti modalità conoscitive anche nell’ambito delle scienze della cultura, cosa già avvenuta nella fisica, per cui si sono prodotti paradigmi relativisti e interazionisti. Ci siamo trovati gettati in un mondo differente che non conoscevamo. Un evento inedito, che richiede nuove strategie di gestione dei processi aperti.
Luigi ColaianniResponsabile interventi sociali Dipartimento Salute Mentale Fondazione Policlinico – Milano;
docente a contratto di materie sociologiche presso il cdl in servizio sociale UNIPD;
formatore accreditato presso il CNOAS.