Alzheimer: lo stress del caregiver
- Il 10% delle persone affette da demenza di tipo Alzheimer è ricoverato in istituzione
- Il 15% vive solo
- Il 25% vive con il nucleo familiare di origine
- Il 50% dipende dal solo coniuge
Spesso il carico assistenziale all’interno della famiglia, è gestito da un’unica persona in quanto gli altri membri gradatamente abbandonano il peso dell’assistenza e delegando sempre più ad un solo membro della famiglia.
Il familiare che si occupa dell’assistenza, rischia così di essere isolato e di isolarsi emotivamente e socialmente dalla vita pubblica e privata, fino ad arrivare gradualmente ad una vera e propria crisi psichica.
Assistere un malato di Alzheimer comporta un aiuto per la maggioranza dei gesti e degli atti della vita quotidiana; la sorveglianza è quindi necessaria sia di giorno che di notte ed il familiare resta in costante allarme. Lo sforzo fisco di chi assiste un anziano demente non è tanto grave per la sua intensità, quanto per la durata che è senza tregua.
Aiutare il caregiver comporta il fargli comprendere l’importanza di chiedere e di accettare un aiuto dalla famiglia, se è disponibile, o da altri operatori esterni. Un gruppo di auto aiuto, realizzato da chi assiste i malati di Alzheimer, può essere di supporto e può rappresentare un momento di condivisione di problemi e soluzioni.
E’ normale trovare difficile prendersi cura di un individuo affetto dalla malattia di Alzheimer?
Parecchi studi hanno dimostrato che è molto più stressante prendersi cura di una persona che ha perduto le sue facoltà intellettive e che ha problemi comportamentali piuttosto che occuparsi di una persona affetta soltanto da problemi fisici.
- il tipo di assistenza richiesta costituisce una grave responsabilità perché l’individuo malato perde a poco a poco la sua facoltà di giudicare, di esprimersi, di apprezzare e diventa sempre più dipendente.
- se si considera il fatto che il malato non riesce più ad esprimersi le sue esigenze che non sono più espresse a parole, questo comporta il dover imparare a comprendere con altri mezzi (comunicazione non verbale).
- il cambiamento di personalità ed i comportamenti talvolta anormali e spesso imprevisti sono spesso difficili da sopportare tanto da dare dispiaceri anche se si è consapevoli che il malato lo fa senza cattiveria.
- la malattia conduce ad avere con difficoltà dei momenti piacevoli e questo può portare ad un senso di solitudine, di spossatezza. Spesso si ha l’impressione di dare molto senza ricevere niente!
- infine a tutti questi elementi si aggiunge , l’immenso dolore di vedere una persona cara perdere gradualmente e in modo irreversibile, la sua autonomia e le sue facoltà cognitive.
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- Bibliografia relativa