L’esito della prova
La valutazione della prova è fatta dallo stesso collegio che ha disposto la sospensione del processo e si fonda su una relazione conclusiva che i servizi devono presentare sul comportamento del minore e sull’evoluzione della sua personalità. Gli unici riferimenti oggettivi di cui il collegio si può avvalere sono quelli legislativi alle "gravi e ripetute trasgressioni", la cui interpretazione è affidata completamente alla sensibilità di ciascun membro del tribunale per i minorenni. I giudici intervistati si trovano d’accordo nell’affermare che l’adempimento delle prescrizioni contenute nel progetto è un utile strumento di valutazione, ma non riveste un’importanza essenziale. Occorre infatti innanzitutto ricordare che le modalità e gli obiettivi della misura devono essere adeguati alle capacità personali dell’adolescente, per cui l’esito della prova deve essere valutato valorizzando l’impegno da lui effettivamente dimostrato, indipendentemente dalla corretta esecuzione di tutti i compiti prescritti dal tribunale. Così, ad esempio, è possibile che un ragazzo sottoposto ad una prova della durata di un anno, durante tale periodo abbia sempre lavorato, ma non sia andato agli incontri fissati con i membri dei servizi sociali, a causa del suo carattere introverso. A quest’inottemperanza del programma non deve essere data un eccessivo peso: il tribunale deve giudicare i minori per il loro atteggiamento complessivo e deve adeguarsi alla loro personalità, non deve, invece, cercare di modificare il loro carattere. Nella stessa ottica non dovrebbe impedire l’esito positivo della prova la commissione di un atto illecito nel corso di essa, in quanto alcuni comportamenti, pur avendo rilevanza penale, costituiscono incidenti di percorso in cui gli adolescenti possono facilmente incorrere, più per inesperienza che per scelte realmente devianti: un esempio banale è costituito dalla guida senza patente, per aver guidato con il foglio rosa scaduto.
Anche reati dal titolo più allarmante, quali la resistenza e l’oltraggio a pubblico ufficiale, in concreto possono venire ridimensionati: si pensi al caso di un minore che, essendo già conosciuto dalle forze di polizia, venga spesso coinvolto in operazioni di accertamento mentre è in corso la prova. Il timore, l’esasperazione per l’ennesima richiesta di documenti, possono tradursi in manifestazioni di insofferenza che facilmente conducono ad una denuncia.
Episodi come quelli descritti non devono condurre ad una revoca della sospensione in presenza di un buon andamento della prova, ma piuttosto devono essere l’occasione per un richiamo da parte del giudice. L’eventualità di alcune inottemperanza è connaturale in un processo di crescita che non può non ammettere momenti di defaillance. Se ciò che rileva davvero è l’evoluzione della personalità del minore, la messa alla prova deve essere costruita pensando ad una prestazione di impegno piuttosto che esclusivamente di risultato. Attraverso essa il ragazzo deve soprattutto imparare ad utilizzare di propria iniziativa, al di là di quanto previsto dal progetto che lo riguarda, modalità di rapportarsi, di comportarsi, di compiere delle scelte, consoni al nuovo modello che si sta costruendo. L’intervento educativo quindi non deve verificare soltanto le questioni più concrete e formali, ma deve tener conto ed essere volto a modificare aspetti meno verificabili, eppure più sostanziali, della vita individuale e sociale dell’adolescente. Persino una messa alla prova che non è andata a buon fine può portare ad un perdono giudiziale, in quanto non è detto che se il ragazzo non adempie le prescrizioni impartite dal giudice egli commetterà altri reati.
Dunque se la prova ha esito positivo il giudice con sentenza dichiara l’estinzione del reato,altrimenti provvede alla definizione alla definizione del processo pronunciandosi nel merito o nell’udienza preliminare o al dibattimento.