Il Mondo Autistico: un Universo da Scoprire
Questo lavoro è l’estratto di una tesina sulla ricerca multidisciplinare volta a raggiungere una visione globale del problema e di come è stato affrontato nei diversi contesti.
E’ possibile consultare la tesina, scaricandola dalla nostra area download.
"Io penso per immagini. Le parole sono come una seconda lingua per me. Io traduco le parole, sia pronunciate che scritte, in filmati a colori, completi di suoni, che scorrono nella mia testa come una videocassetta".
Con queste toccanti parole Temple Gradin, autistica intellettivamente molto dotata, descrive il suo approccio con la realtà che la circonda.
La mia motivazione parte da qui, da questa frase letta in un libro di tale autrice, che mi ha permesso di conoscere che cos’è la comunicazione per una persona autistica e come essa esprime le proprie emozioni.
Proprio perché il mio Liceo è riflesso di un percorso formativo sulla comunicazione in ambito sociale, ho voluto affrontare il problema dell’autismo dal punto di vista comunicativo.
Esso si presenta come sindrome comportamentale complessa, caratterizzata da una marcata compromissione dell’interazione e della comunicazione sociale. Nonostante il fenotipo comportamentale sia quanto mai vario, l’elemento caratterizzante, che sembra accomunare bambini e adulti autistici apparentemente diversi, è rappresentato da una modalità atipica di percepire la realtà.
Essi sono colpiti da un’infinità di particolari che impediscono di generalizzare, di categorizzare e li obbligano a sforzi enormi per costruirsi un proprio vocabolario.
Per queste caratteristiche il problema di interazioni così singolari deve essere affrontato attraverso programmi educativi individualizzati, un’opportuna strutturazione dello spazio e l’utilizzo di strategie metodologiche. Successivamente nella conoscenza di questi disturbi, di fondamentale importanza è stato per me seguire una serie di conferenze sui disturbi generalizzati dello sviluppo, istituite dal presidio ospedaliero ULSS 7, nonché le nozioni scolastiche, fondamentali per una comprensione totale della problematica.
Solo da mezzo secolo, a cominciare da Anne Freud, l’epidemiologia aveva ampiamente dimostrato che questi disturbi sono originati da cause organiche e soprattutto genetiche, e soltanto dalla metà degli anni ’90 i genetisti si sono occupati di autismo.
E’ una pura coincidenza che oggi il cromosoma 7 sia stato interamente mappato, consententendo di affrettare gli studi futuri su questo cromosoma, che si propone come uno dei maggiori responsabili dell’autismo, di alcune leucemie e di molte altre malattie.
Da un punto di vista medico-sanitario sono stati fatti passi da gigante, ma molto ancora deve essere fatto per aiutare le persone autistiche a uscire dal loro silenzio.
Programmi validi di didattica, ad esempio, possono svelare tale problema ai bambini, attraverso un coinvolgimento attivo dei pari, ritenuti figure critiche nel progetto terapeutico per il bambino con disturbo autistico. Le parole di Calimero aprono a questo intento pedagogico:
"Guardate il guscio che mi porto in testa. Quand’ero piccolissimo ci stavo chiuso dentro e lui mi proteggeva.
Poi un bel giorno è venuto il momento di aprirlo e uscire a conoscere il mondo. Fuori dal guscio c’era un mondo meraviglioso pieno di luci, colori, emozioni, amici, che aspettava di essere scoperto. I bambini autistici sono come dei pulcini che non riescono a far schiudere il guscio che li contiene. Restano chiusi dentro, prigionieri, e diventano infelici. Dentro al loro guscio le parole, i suoni, le immagini arrivano alterate. Per questo, non comprendendo bene che cosa avviene fuori, cominciano ad avere paura, a gridare. Vorrebbero aiuto ma il loro cervello non sa come chiederlo.".
Il racconto "Calimero e l’amico speciale", com’è evidente, si gioca tutto all’interno di una dinamica relazionale tra Calimero e i suoi amici e i soggetti individuati come autistici.
Proprio con i suoi amici, Priscilla, Valeriano, Poldo, Papero Piero, Susy, Rossella, Cesira, Calimero stesso giungerà a una risoluzione del problema, considerando Fabio e Francesca non come bambini diversi ma come amici.
Significativo è per me l’intento di mettere in luce ai fanciulli una problematica così importante, attraverso la semplicità delle parole.
Imparando da Calimero potremmo capire che spesso la semplicità e la solidarietà possono essere messe in primo piano rispetto alla paura delle difficoltà e di ciò che riteniamo diverso.