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L’evento perdita e la ristrutturazione del sistema familiare: una nuova frontiera per gli operatori

Famiglie tra crisi e scelte

PERDITA COME EVENTO NORMATIVO
In primo luogo occorre precisare che con il termine lutto (Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria, 2001) (dal latino luctus, pianto) ci si riferisce a quell’insieme di atti o comportamenti manifestati verso l’esterno, pubblici, sociali e religiosi che manifestano e rappresentano la sofferenza che deriva dalla morte di un membro della comunità.

Il lutto, infatti, si caratterizza non solo come esperienza emozionale ma anche come esperienza socio-culturale che coinvolge tutta la collettività, a partire dalla necessità di contenere le emozioni suscitate da una sfida così forte e di gestire il dolore che da privato e individuale diventa pubblico e collettivo.

Con il termine cordoglio (dal latino cordolium, dolore) si definisce quel complesso di sentimenti, emozioni e stati d’animo che costituiscono la sofferenza causata dalla perdita di una persona cara.
Ogni gruppo umano, tramite la propria specifica cultura si è incaricato di codificare un processo di lutto: il che significa, riportando i precedenti termini al loro significato etimologico, dare origine e forma ad un insieme di atteggiamenti, di comportamenti e di riti mirati ad esprimere il cordoglio. I riti e le forme del lutto hanno la funzione di permettere e di facilitare l'espressione del dolore soggettivo, individuale, in modi che siano culturalmente accettati e riconosciuti, dando vita al processo di condivisione sociale.

Il lutto ha quindi la funzione di aiutare la persona ad effettuare il passaggio attraverso l'esperienza del cordoglio, che da strettamente individuale diviene in un certo qual modo collettiva, e quindi condivisa con altri esseri umani. Tale condivisione ha la funzione di rendere la sofferenza più tollerabile ed accettabile, infatti, come precisa Trombini (Trombini, 1994, pp.51-53), ogni tipo di emozione, negativa o positiva che sia, ha bisogno di essere "con-divisa": attraverso la comunicazione linguistica diretta ad un destinatario, si favorisce l’elaborazione e l’organizzazione del materiale emozionale.

Il cordoglio, inteso come l'insieme delle reazioni psicologiche e comportamentali che caratterizzano il percorso emotivo della persona che ha subito la perdita, è un processo caratterizzato da alcune fasi attraverso le quali la persona deve passare, con modalità e tempi, è chiaro, strettamente legati al suo specifico vissuto individuale, sociale e familiare.

Bowlby (Bowlby, 1983) descrive quattro fasi che caratterizzano il percorso di elaborazione del lutto: una prima fase, quando si riceve la notizia della perdita, è pervasa da un senso di stordimento. Questa reazione, accompagnata da una sorta di negazione del fatto traumatico, permette in un certo senso di distaccarsi dalla realtà, per fronteggiare le "incombenze" che l’evento richiede.
Successivamente si inizia a rendersi conto dell’accaduto, e si passa alla seconda fase di ricerca e struggimento per la persona persa, accompagnata da due stati d'animo predominanti e alternanti: il convincimento della morte e l'impossibilità di crederci.
C'é un pensiero fisso, indirizzato verso la persona scomparsa e ci si dirige verso quei luoghi dove sarebbe possibile trovarla. Il dolore è legato non solo alla perdita della persona cara ma anche a tutto quello che essa offriva e rappresentava in quanto a condivisione di aspetti fisici, psicologici, sociali e spirituali.

L'essenza di questa fase è l'ansiosa ricerca della persona persa e solo quando si accetta che la perdita é permanente, subentra la tristezza caratteristica della terza fase di disorganizzazione e disperazione.
Questa accettazione graduale della perdita permette di passare all'ultima fase, di ridefinizione di se stesso e della situazione. Ci sono modelli di comportamento, di pensiero, e di sentimento che vengono conservati, e così la persona scomparsa viene "ricollocata" emozionalmente nel mondo interno di chi ha subito la perdita.

Affinchè il lutto possa essere elaborato, tutte le emozioni e cognizioni dell'evento devono essere riconosciute come appartenenti al proprio mondo interno per poter mettere in moto il processo di elaborazione nelle sue diverse tappe.

Quando questi stati affettivi non sono riconosciuti come tali, possono essere, fonti di comportamenti disfunzionali nell’esperienza della perdita, trascendendo la sofferenza del singolo e del nucleo familiare. Il lutto, che è collegato all'evento morte, suscita pensieri pervasi di emotività che vengono in qualche modo affrontati per continuare a vivere. Il tempo del lutto è un periodo scandito dal dolore della perdita, che almeno inizialmente non trova un senso.

Attraverso questo processo, si prende coscienza della complessità della relazione, rimettendo in discussione un grande numero di assunti riguardo la visione del mondo, la modalità di pensiero e di comportamento che facevano riferimento alla persona scomparsa.

Il lutto è così definibile come il lento processo di ridefinizione del proprio mondo e della propria realtà, caratterizzato dal tornare più volte sull'immagine, sui sentimenti e sui ricordi legati alla persona scomparsa, per arrivare alla progressiva accettazione dell’evento in sé, e delle conseguenze che questo ha portato.

Da un punto di vista familiare, elaborare un lutto significa in primo luogo accettare la perdita, permettendo e favorendo l'espressione della tristezza in ogni membro della famiglia; riorganizzare la comunicazione interna, i ruoli familiari e la relazione col mondo esterno; riconfermare il sentimento di appartenenza al nuovo sistema familiare che emerge dal precedente, abbandonando vecchie regole e propositi.

Elaborare il lutto per il sistema familiare significa procedere verso una doppia direzione: elaborazione come processo emozionale/affettivo, ed elaborazione come processo strutturale/organizzativo.
Per quanto concerne il primo punto, si tratta di imparare a "gestire" il proprio dolore, alla luce del dolore dell’intero sistema: la sofferenza individuale di ogni singolo membro, è strettamente legata alla relazione che questi aveva con la persona scomparsa, in termini di vicinanza affettiva e fisica.

Dal riconoscimento del fatto accaduto, e quindi, dall’accettazione della perdita subita, inizia una fase caratterizzata dall’ "auto-percezione": pensarsi e ri-pensarsi in riferimento alla persona perduta e tramite il legame con essa. (Qui ci si riferisce alla radice etimologica della parola "relazione"). E’ proprio questo tempo psicologico, dedicato alla propria ri-costruzione di identità, che connette i membri familiari fra loro: ognuno con il proprio dolore, ognuno con i propri ricordi, ognuno con la propria eredità morale. "Il sistema della memoria, infatti, entra in modo determinante nella definizione del Sé (Io sono il prodotto di un certo passato e quindi necessariamente del ricordo di questo passato). I cambiamenti evolutivi cui un individuo va incontro nel corso della vita inducono un bisogno di riadattamento dei ricordi, relativo ad un concetto del Sé e dei rapporti con gli altri, che è andato trasformandosi nel tempo.

Riadattamento che può anche significare rielaborazione o cancellazione di certi elementi o addirittura sconfinare nel mito, ma che è comunque memoria". (Montagano-Pazzagli, 1989, p.151) Il concetto di eredità morale comprende la trasmissione psichica di parole, gesti, rituali, valori, ideali, atteggiamenti, ogni elemento, insomma, che rientra nell’ethos familiare, e che si rintraccia come patrimonio comune in ognuno dei membri, e come sostrato necessario all’esistenza del sistema.

Quanto sia doloroso il fronteggiamento dell’evento perdita, che ognuno, con proprie difese emotive e comportamentali, mette in moto per reagire ad una situazione altamente critica, ancor di più lo si evince dallo squilibrio di tutta la famiglia, che si trova così a rappresentare il luogo psichico in cui si riversano tutte le sofferenze di ogni singolo membro.
Riuscire a coniugare il proprio dolore con gli altri "partecipanti", è la grande sfida a cui viene sottoposta la famiglia in lutto: trovare il modo di attribuire un senso all’accaduto rappresenta per questa occasione di evoluzione, di crescita, di vita.
In particolar modo, quando la perdita riguarda uno dei membri "colonne portanti" del sistema, il senso di disgregazione, iniziale, è tanto maggiore quanto costui rappresentava la memoria storica della famiglia.

La perdita di un membro in età avanzata rappresenta simbolicamente l’attuazione di una transizione familiare e sociale: il passaggio tra le generazioni.
L’anziano, la sua famiglia e le persone più significative sono chiamate ad elaborarel’inevitabilità dell’evento e la necessità del distacco, ad interrogarsi sul senso complessivo delle relazioni che hanno intessuto ed a riflettere sul senso della vita e su ciò che all’interno delle relazioni si trasmette, si eredita.

In questo senso il carattere definitivo che assume la morte non si configura come un’interruzione totale del legame, ma lascia un’eredità da accogliere, scegliendo ciò che del passato va abbandonato e ciò che va mantenuto e proseguito, adattandolo alla nuova realtà.

Bisogna sottolineare che in questa accezione di perdita come evento critico, quindi come evento che la famiglia in un certo qual modo si aspetta che avvenga, la morte assume la caratteristica di esodo, conclusione della vita.
Per quanto sia difficile da definire come accettazione serena, la famiglia trova sostegno e forza per fronteggiare la situazione, e tramite la coesione dei suoi membri struttura il significato della perdita proprio attraverso il lascito morale che gli viene trasmesso da chi abbandona la vita.

"Se i membri della famiglia non sono capaci di sperimentare il lutto, né individualmente né collettivamente, allora si svilupperà un modello familiare soggetto al passaggio transgenerazionale. L’afflizione patologica, come modello di reazione familiare, viene trasmessa da una generazione all’altra e perpetua il distacco nei legami affettivi. Le inevitabili perdite, come la separazione dalle generazioni più giovani e i lutti familiari, sono accettate con resistenza. Il cambiamento nella struttura familiare è bloccato e la gerarchia generazionale della famiglia è congelata: viene così ostacolata l’evoluzione familiare. La stasi familiare è accompagnata dal trasferimento del legame del deceduto a un altro membro della famiglia che funge da sostituto". (Lieberman, in Scabini, 1995, p. 109)

Ciò significa che, qualora un lutto non venga elaborato dall’intero sistema, in chiave evolutiva come occasione di revisione dei costrutti e delle relazioni, porterà gli aspetti patologici della rigidità e chiusura verso l’ambiente esterno, ostacolando il necessario ricambio generazionale.

Lo scambio generazionale è il risultato di ciò che le generazioni nel bene e nel male hanno fatto: qualora la nostalgia del passato prevalga sulla spinta verso il futuro, non potrà originarsi un effettivo sviluppo, cristallizzando una stasi familiare, un blocco di essa.
In questo caso il lutto diventerebbe patologico26, e la famiglia potrebbe incaricare un suo membro a "portare il lutto": a rappresentare, cioè, il paziente designato ad esprimere il sintomo di sofferenza del sistema.

La famiglia in lutto, quindi, si trova nella delicata posizione di prendere coscienza dei legami che sussistono al suo interno: qualora i suoi membri siano affettivamente distanti, l’evento drammatico di una perdita, segnerà in modo più o meno definitivo una sua disgregazione, facendo prevalere gli aspetti disfunzionali di separazione.

Qualora, invece, il sistema familiare goda di legami stabili e forti, basati sulla reciprocità e riconoscenza, l’evento sarà affrontato in chiave evolutiva, facendo prevalere gli aspetti positivi delle relazioni.

Inoltre, il momento altamente critico, per quanto sia destabilizzante, potrà essere occasione di unione e di condivisione: unione, fisica ed affettiva dei membri che si scopriranno vicendevolmente come risorse, e condivisione come contesto spazio-temporale comune di chi "soffre per l’identica perdita".
In altri termini, può anche costituire "una bonifica delle relazioni, e far sì che la generazione che si trova in prima linea si senta (quando, tale identificazione si realizza) depositaria di ciò che ha ricevuto dalla precedente, e accorci le distanze psicologiche da essa. Così, in questa presenza che oltrepassa la morte, il corpo familiare può elaborare la perdita." (Scabini, 1995, p.221)



A cura di:
Prof. UGO MARCHETTA
Dott.ssa SAMARIA CARERI

Università degli Studi di Palermo, Cattedra di Psicologia Sociale della famiglia, Quaderni di Psicologia Sociale e Applicata, Quaderno n. 7
Creation date : 2008-03-15 - Last updated : 2009-12-20

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