L’evento perdita e la ristrutturazione del sistema familiare: una nuova frontiera per gli operatori
Incontro con il sistema terapeutico
DALLA PERCEZIONE DELLA CRISI ALLA FORMULAZIONE DELLA RICHIESTA DI AIUTO
Il concetto di crisi, è strettamente legato alla percezione di uno stato di disagio: il sistema familiare, cioè, sente che le modalità di risposta classiche, ossia già sperimentate, non sono adeguate alla situazione specifica, e per questo motivo entra in crisi.
In questa prospettiva, già la stessa percezione del disagio, equivale ad una presa di coscienza, legata all’assunzione di responsabilità, al fine di mettere in moto una serie di comportamenti, atteggiamenti o meccanismi che possano favorevolmente consentire al sistema stesso di progredire nel suo percorso.
Non è infrequente, infatti, in sistemi familiari particolarmente fragili da un punto di vista relazionale e strutturale, osservare situazioni che tendono alla negazione e all’evitamento delle condizioni critiche, al fine di mantenere una stabilità del sistema: è chiaro che, in famiglie di questo tipo, la percezione del disagio, e quindi di conseguenza l’assunzione di responsabilità a fronteggiarlo, equivarebbe ad una profonda revisione dei costrutti fondamentali a cui il sistema non sente di poter rinunciare. Motivo per cui, il sistema preferirà negare l’esistenza di una situazione problematica, pur di garantire una "finta" quanto protettiva, omeostasi.
La presa di coscienza di una situazione problematica, infatti, viene vissuta come una pericolosa minaccia, perché potrebbe compromettere i delicati equilibri su cui si fonda l'intero sistema familiare.
Bisogna sottolineare che anche in un sistema familiare di questo tipo, è implicito il concetto di scelta: la famiglia sceglie di mantenere quell’equilibrio, piuttosto che modificarlo.
Consapevole dei limiti e delle risorse che possiede, decide di continuare un certopercorso, invece che trovarne uno alternativo.
Il compito dell’operatore sociale, dai primi contatti, sarà quindi diretto all’interpretazione del sintomo, dove per sintomo si intende la manifestazione diretta verso l’esterno, del disagio.
In altre parole, nel momento in cui l’utente formula una richiesta di aiuto, ha ben chiara l’articolazione del problema e delle conseguenze ad esso legate: ciò che l’utente "porta" all’operatore, è la sua personale interpretazione di chi vive quella specifica situazione, con quei sentimenti.
L’utente ha avuto modo di selezionare, interpretare e definire lo stato di disagio, trasformandolo in una richiesta di aiuto che tenga conto delle sue strutture cognitive ed emotive, di ciò che è disposto ad affrontare, delle influenze culturali ed ambientali.
L’attribuzione di senso, sarà diversa da quella dell’operatore per ovvi motivi: il compito specifico dell’assistente sociale, sarà, quindi, centrato a comprendere come il sintomo si colloca all’interno della vicenda.
Non è raro che la famiglia identifichi in uno dei suoi membri, colui che porta il disagio maggiore: il membro sintomatico. Un membro sintomatico, ha la funzione di impedire che il sistema subisca delle modificazioni, difatti, è stato osservato (Watzlawick-Beavin-Jackson, 1971) che, ogni qual volta viene introdotto un nuovo elemento che rischia di modificare la situazione, il comportamento della persona sintomatica subisce un sostanziale incremento, in modo che, tutti i problemi, o conflitti familiari, vengano messi da parte di fronte a questa esigenza, e gli altri membri della famiglia possano mantenere i rispettivi ruoli nel sistema.
L’utilità dell’approccio sistemico, sta nell’attenzione riservata alle relazioni tra i membri e all’effetto pragmatico dell’interazione. Un particolare comportamento di un membro acquista così senso, solo se riferito contemporaneamente al comportamento degli altri membri; se tale comportamento è un sintomo, esso non riguarderà semplicemente l’individuo, in quanto, da questo punto di vista, tutta la famiglia sarà portatrice di quel sintomo di cui il membro è solamente l’espressione manifesta.
Il sintomo ha sempre una doppia funzione, quella di conservare il sistema e quella di spingerlo al cambiamento.
Ed è proprio facendo leva su quest’ultimo fattore che l’operatore può aiutare la famiglia a mettere in atto il suo processo di cambiamento.
E' importante quindi, cercare di capire quale è il significato di quel particolare sintomo all'interno di quello specifico gruppo familiare, ed identificare le motivazioni sottostanti alla tendenza conservatrice da una parte, e trasformativa dall’altra.
L’operatore "affronta concettualmente e operativamente ogni richiesta di aiuto nella convinzione che sia più utile e corretto dare ad ogni comportamento una collocazione ed un preciso significato nell’ambito del contesto naturale in cui si situa, inserendolo, in altre parole, fra altri comportamenti comunicativi che lo precedono o lo seguono, non etichettati come sintomatici" (Marchetta, 2005, p. 23).
Provando a contestualizzare le situazioni di disagio che provocano condizioni critiche, si può osservare che queste, per lo più, riguardano:
- le fasi della vita, o gli stadi dello sviluppo, durante i quali si modificano le domande provenienti dall’ambiente ed i molteplici ruoli che la persona assume;
- l’acquisizione di status particolari che a volte possono corrispondere con le fasi di sviluppo;
- le istanze diverse provenienti dal mondo fisico e sociale legate al rapporto con le istituzioni, anche all’uso di servizi;
- gli eventi improvvisi ed imprevisti, che precostituiscono situazioni di crisi. (Ferrario, 1996, p. 113)
Bisogna sottolineare, comunque, che, qualunque sia la condizione specifica "oggettiva" (esterna al soggetto), ciò che determina lo stato di disagio, è l’attribuzione "soggettiva" (interna al soggetto): la percezione di non riuscire a fronteggiarlo con le consuete modalità e risorse.
La formulazione della richiesta di aiuto è preceduta, di conseguenza, da una serie di tentativi di risoluzione, tra le alternative possibili, e solo qualora le risorse del mondo familiare non siano in grado di fornire una risposta utile alla situazione specifica, il sistema familiare cercherà aiuto al di fuori di esso.
"Partendo dalla consapevolezza dell’operatore che è ben complesso il processo che conduce dalla percezione del disagio alla formulazione della richiesta, il soggetto esterno avrà bisogno di ripercorrere in qualche modo il processo a ritroso per rilevare i significati e le implicazioni che il bisogno ha per la persona titolare". (Neve, 2000, p. 61)
Questo significa, dalla parte dell’assistente sociale, comprendere che significato ha il disagio nel contesto vitale della persona\famiglia, quali strategie sono state attivate per affrontarlo, quali implicazioni e conseguenze ha portato.
L’intervento più complesso del processo di aiuto, e che risponde meglio in situazioni di questo tipo, è la consulenza psico-sociale. Consiste nella capacità di comprendere i disagi dell’utente così come questi li vive e li percepisce, e di intervenire concretamente per operare un cambiamento all’interno della sua struttura.
Si ribadisce che in questa sede, per utente non si intende un singolo individuo portatore di un bisogno, ma l’intero sistema familiare.
Ogni disagio, o problema, verrà letto secondo l’ottica relazionale, in base all’inestricabile incastro di punti di vista di ogni membro familiare. L’intervento, quindi, non è centrato sull’individuo, ma sul contesto, in cui assume forma e significato il comportamento di ognuno dei membri.
L’evento perdita e la ristrutturazione del sistema familiare
- Introduzione
- Incontro con il sistema terapeutico
- Famiglie tra crisi e scelte
- Riferimenti bibliografici
Prof. UGO MARCHETTA
Dott.ssa SAMARIA CARERI
Università degli Studi di Palermo, Cattedra di Psicologia Sociale della famiglia, Quaderni di Psicologia Sociale e Applicata, Quaderno n. 7