Limitazione della potestà genitoriale
Fuori dalla regola generale per cui la potestà genitoriale è in capo ad entrambi i genitori, posso esservi dei casi per cui la stessa può essere esercitata da uno solo di questi.
A parte il già descritto caso del conflitto di interessi patrimoniali, tale limitazione avviene per:
- Un provvedimento di affido del minore a seguito di separazione tra coniugi o tra conviventi (rispettivamente del Tribunale Ordinario o del Tribunale per i Minorenni);
- Motivi di protezione dei minori, anche con il consenso dei genitori, secondo dispositivi dell’Autorità Giudiziaria (artt. 330 e 333 c.c.) o dell’Autorità pubblica (art. 403 c.c.)
- Capacità giuridica e capacità di agire
- Diritti del nascituro
- I poteri e le scelte connesse alla potestà genitoriale
- Limitazione della potestà genitoriale
- Sanità e Consenso informato
- Scuola
- Espatrio
- Differenza fra titolarità ed esercizio della potestà genitoriale
- Casi di autodeterminazione del minorenne
- Soggetti investiti di segnalare il disagio del minore
- Articolo 403
Punto A: Caso di minore che per separazione dei genitori viene affidato ad uno solo di essi
Nel caso di affidamento esclusivo del minore ad uno dei due genitori (soluzione ormai questa di tipo residuale, avendo la legge 54/06 introdotto una preferenza per l’affido condiviso) la titolarità della potestà rimane in capo ad entrambi anche se l’esercizio di questa per le questioni ordinarie viene posta in capo al genitore affidatario del minore. Le scelte più importanti, quindi, sono prese da entrambi i genitori di comune accordo, mentre le altre sono prese dall’affidatario esclusivo. Se poi, per le scelte straordinarie, non riescono a trovare un accordo comune su queste decisioni possono ricorrere al giudice della separazione.
Diversamente, nel caso in cui alla separazione personale fra i coniugi si associ anche una decadenza di potestà, l’altro genitore è titolare in modo esclusivo della potestà.
L’affidamento di un minore (nelle forme previste per la separazione personale dei coniugi ex L.54/06 di affido esclusivo e di affido condiviso) di una coppia di fatto che intende non vivere più assieme è di competenza del Tribunale per i Minorenni. Anche in questo caso valgono le regole sopra richiamate, per cui in mancanza di decadenza di potestà l’affidatario esclusivo può decidere solo in merito alle scelte ordinarie. Per una migliore classificazione delle decisioni ordinarie e straordinarie sulla vita del minore possiamo riferirci all’Art. 5 commi 1 e 3 L.184/83 come modificato dalla L.149/2001.
Eventuali disattendimenti (anche in materia di assegno di mantenimento del minore) alle prescrizioni del giudice della separazione (o del Tribunale per i Minorenni per le coppie di fatto) è risolto dal giudice che ha disposto l’affidamento (quindi Tribunale Ordinario per le coppie sposate e Tribunale per i Minorenni o Giudice Tutelare per quelle unite di fatto).
Punto B: I provvedimenti a tutela del minore
Quando si parla di interventi a protezione del minore da parte dell’autorità giudiziaria dei minori ci si riferisce ai procedimenti che hanno per oggetto la potestà dei genitori. L’art. 336, regolando tutti questi procedimenti (artt. 330, 332, 333, 334, 335), non prevede che i servizi sociali siano legittimati ad agire. Le segnalazioni dei casi ordinari vanno infatti dirette alla Procura della Repubblica per i minorenni che, quale parte pubblica, ha la legittimazione processuale per la tutela dei diritti dei minori e degli incapaci anche in via d’urgenza (art. 73 O.G., art. 336 c.c.). In altri casi però le segnalazioni vanno fatte al Giudice Tutelare (minore in stato di abbandono) o al Giudice del Tribunale per i Minorenni (casi urgenti).
Tali azioni possono essere promosse di fronte al Tribunale per i Minorenni anche dai parenti del minore entro il sesto grado (art. 336 c.c).
Dai provvedimenti a tutela del minore dell’Autorità Giudiziaria possono derivare limitazioni alla potestà genitoriale. La semplice vigilanza del Servizio sociale o la presa in carico dello stesso non implicano necessariamente limitazioni della potestà dei genitori se il decreto del Tribunale per i Minorenni (o del Tribunale Ordinario in caso di provvedimento all’interno di un giudizio di separazione) non lo disponga espressamente.
Diverso il caso in cui il minore sia allontanato dal proprio nucleo e affidato ai Servizi affinché lo collochino in idonea sistemazione.
La L.184/83 mod. dalla L.149/2001(diritto del minore ad una famiglia) prevede, solo in casi eccezionali, che il minore possa essere temporaneamente allontanato dal proprio nucleo di origine. Il provvedimento in questione si chiama affidamento familiare e può essere disposto con il consenso della famiglia o dell’eventuale tutore (cosidetto affidamento consensuale, esecutivo con visto del Giudice Tutelare) o con un disposto del Tribunale per i Minorenni che è in grado di superare il diniego all’allontanamento del minore da parte della famiglia di origine (cosidetto affidamento giudiziale).
L’affidamento per i minorenni può essere fatto (art.2) presso una famiglia o in mancanza presso una comunità di tipo familiare. Nel caso di omologa (del Giudice Tutelare) di affidamento consensuale o di decreto (del Tribunale per i Minorenni) di affidamento giudiziale, senza alcuna decadenza di potestà, le scelte ordinarie (ex art. 5 scuola e sanità) relative al minore sono prese dalla famiglia affidataria o dal legale rappresentante della Comunità (art. 3), mentre l’Ente Locale supervisionerà il progetto del minore e anche della famiglia d’origine, per favorirne il rientro presso di questa (art. 4).
Le scelte straordinarie, si pensi al consenso informato per un intervento chirurgico, vanno prese invece dai genitori naturali che, come detto, in mancanza di provvedimento di decadenza perdono con l’allontanamento l’esercizio della potestà sul minore ma non la titolarità della stessa. Nel caso in cui il genitore non sia rintracciabile, e non sia ancora aperta una tutela, le scelte straordinarie sono prese dalla responsabile del Sevizio Sociale se il minore è in affido presso famiglia o dal legale rappresentante della Comunità se il minore è collocato presso di questa.
Nel caso di affidamento consensuale, il servizio sociale dovrà aggiornare al Giudice Tutelare almeno ogni sei mesi la situazione. Al termine dei primi 24 mesi si dovrà chiedere il rinnovo al Tribunale per i Minorenni.
Nel caso di affidamento giudiziale, invece, il servizio sociale dovrà aggiornare ogni sei mesi il Tribunale per i Minorenni, chiedendo alla fine di ogni periodo di 24 mesi gli eventuali rinnovi.
Si ricorda che le relazioni semestrali ordinarie possono essere integrate da comunicazioni urgenti al Giudice Tutelare o al Tribunale per i Minorenni quando le circostanze facciano ritenere opportuno la conoscenza del giudice di situazioni non rinviabili alla relazione semestrale.
Prima di disporre un affidamento (consensuale o giudiziale), il bambino di 12 anni va sempre sentito.
Diverso dall’affidamento regolato dagli articoli 2 e 4 della L.184/83 (A. consensuale e A. giudiziale) è quello cosidetto di fatto che è previsto, ex art. 9, a parenti entro il quarto grado. Fuori da questa ipotesi chi si trovi in affidamento un minore (con il consenso certificato dei genitori naturali) deve dare comunicazione dopo il sesto mese di questa permanenza dare comunicazione alla Procura per i Minorenni, al fine di un intervento del giucide, volto a regolarizzare la situazione. Diversamente chi ha un affido un minore parente entro il quarto grado, con il consenso dei genitori, non è obbligato a nessuna formalità. Naturalmente non possono essere tollerati affidamenti a parenti entro il quarto grado sine die, essendo la temporaneità e l’eccezionalità del contesto che lo ha generato, discrimen indispensabili di valutazione per distinguerlo da una condotta di tipo abbandonico.
Analizziamo adesso la gestione degli affidatari di tre ambiti importanti : Sanità, Scuola, Espatrio.