Una città in cui perdersi e ritrovarsi: Appunti sui percorsi dei ragazzi di origine immigrata
Nel tempo della crescita prendere confidenza con gli spazi, cominciare ad orientarsi nella città in cui si vive, muoversi senza più avere bisogno di qualcuno che conduca i passi, imparare a dare nomi ai luoghi, costruirsi mappe fatte di volti amici e di spazi in cui ci si sente tranquilli un’esperienza di straordinaria rilevanza. Un’esperienza che, da un lato, accomuna ragazzi italiani, ragazzi di origine straniera nati in Italia, ragazzi nati in un altro paese e arrivati dopo qualche anno in Italia, dall’altro, presenta risvolti differenti a seconda delle specificità del percorso esistenziale compiuto.
L’esperienza della città e più in generale l’esperienza dello spazio, delle sue forme, dei colori e degli odori un’esperienza che una persona fa ogni giorno nel corso della vita, attraverso cui sperimenta emozioni e riceve stimoli, positivi o negativi. E’ centrale nella crescita di un bambino prendere confidenza con la città in cui vive, con i suoi linguaggi, i suoi messaggi, la sua storia e le sue regole. Imparare ad orientarsi significa divenire autonomi, seguire itinerari personali, prendere le misure del contesto circostante, ripetere circuiti, segnare punti di riferimento o anche vagare senza una meta.
Provare a orientarsi implica sempre la possibilità di perdersi, esperienza anch’essa salutare per crescere oltre che condizione che ci accompagna nel corso dell’intera esistenza. Orientarsi e perdersi, uscire dalle mura domestiche, dall’ambiente famigliare protetto, per affrontare un ambiente imprevedibile, dinamico dunque, sono componenti della crescita: ragazzi italiani e ragazzi stranieri (nati in Italia o arrivati a seguito dei genitori) sono accomunati da questa tappa cruciale dello sviluppo, in cui cominciare ad addentrarsi nella città senza il bisogno di essere accompagnati da un adulto. Tuttavia, questo processo di orientamento ha connotati differenti a seconda delle biografie e dei tempi di arrivo nel paese di immigrazione.
Nelle parole e nei racconti di alcuni ragazzi la condizione di appartenenza plurale, al contempo opportunità straordinaria e fonte di solitudine e incertezza, perché "la responsabilità di doversela cavare sempre, di trovare uno spazio, un’identità propria, uno status, non permette stop" (www.secondegenerazioni.it), si riflette nel rapporto con la città a città diviene lo specchio di questa dispersione, di questa incertezza, di questa varietà di legami a volte difficili da gestire.
Nel racconto di altri, viceversa, la città si costella di punti di riferimento, di luoghi amici, di spazi di incontro che consentano un movimento itinerante tra luoghi nei quali si è attesi (la casa) e luoghi dove si è accolti (la casa di amici, la scuola, l’oratorio, il centro ricreativo, la moschea, il parco). Ed proprio da qui, da questa città che si squaderna come un testo che si impara a comprendere e interpretare, che si apre la possibilità di costruire storie inedite e personali, storie di nuovi cittadini.
- Appunti sui percorsi dei ragazzi di origine immigrata
- Tra due appartenenze
- La definizione di mappe cognitive
- Una dimensione simbolica e affettiva
- Esperienze di attraversamento
- Il punto di non ritorno
- Un quotidiano esercizio di traduzione
- Lo spazio dell’abitare
- Una molteplicità di sguardi e culture
- La pluralità delle appartenenze
- Pratiche di reinvenzione
A cura di:
Anna GranataElena Granata
Articolo già pubblicato su Animazione Sociale n.11, Novembre 2007