La definizione di mappe cognitive
Diverse sono le forme di conoscenza che l’esperienza dello spazio mette all’opera, lungo un crescendo che rende sempre più profonda e intima la relazione con la città.
C’è una forma di conoscenza che attiviamo "camminando" attraverso le vie, dentro le piazze. E’ una forma di conoscenza che interpella i sensi, la vista, la percezione. La città è come un grande libro da imparare a leggere, comunica attraverso segnali, simboli, forme, colori, suoni, odori. Camminare per strada insieme ad un bambino o a qualcuno che proviene da un altro paese al quale facciamo visitare la nostra città è un’esperienza che tutti abbiamo fatto e che ci "fa vedere" con occhi nuovi strade, monumenti, che magari vediamo ogni giorno.
Il bambino impara a dare nomi agli oggetti, agli spazi della sua casa, per essere in grado di muoversi serenamente nel suo spazio, allo stesso modo l’adolescente o l’adulto appena giunto in una nuova città, impara a dare nomi agli spazi esterni per superare l’angoscia di un ambiente anonimo, privo di riferimenti, di spazi conosciuti, di luoghi significativi. Dare nomi ai luoghi è un’attività spontanea allo stesso tempo semplice e complessa di trasformazione di spazi incogniti in spazi famigliari sempre più estesi. Un appartamento diviene "casa" nel momento in cui non viene più giudicato in termini dimensionali o strutturali, ma viene colorato e modellato sulle persone che lo abitano. Così anche la città diviene "la propria città" solo nel momento in cui lo sguardo esterno, magari curioso ma distante, si trasforma in sguardo che si appropria degli spazi e dei luoghi, li giudica, attribuisce loro un valore, privilegia alcuni aspetti e non altri, sceglie, definisce, crea una mappa per orientarsi.
Tuttavia la città si rende intelligibile solo quando qualcuno ci aiuta a decodificare quel mondo: costruire una mappa della città è una pratica relazionale, un esercizio per collegare persone o gruppi di persone, ambiti di accoglienza (ad es. le associazioni culturali o etniche), luoghi in cui si è attesi, luoghi in cui si può sostare. L’esperienza dell’orientarsi in un mondo nuovo o per la prima volta, nel tempo della crescita, è dunque sempre e in primo luogo la definizione di mappe, provvisorie e incerte, fatte di luoghi riconoscibili ma soprattutto di persone.
"Orientamento, ad esempio, corrisponde per un individuo o un gruppo di individui immigrati da poco in una città, a tutta quella serie di frustrazioni, tentativi a vuoto, conoscenze, attese, ‘prese sulla realtà, salvagenti, fatti da persone e da luoghi che poi giorno dopo giorno costituiscono una maglia prima elementare - quei due, tre amici, quegli angoli di strada, il bar, forse il giornalaio, i primi approcci informali sul lavoro - e poi, via via, a imbrigliare gli spazi rimasti ancora sconosciuti, a permettere di riconoscerli, partendo e tornando a luoghi più famigliari".(La Cecla, 2005, p. 16-17)
- Appunti sui percorsi dei ragazzi di origine immigrata
- Tra due appartenenze
- La definizione di mappe cognitive
- Una dimensione simbolica e affettiva
- Esperienze di attraversamento
- Il punto di non ritorno
- Un quotidiano esercizio di traduzione
- Lo spazio dell’abitare
- Una molteplicità di sguardi e culture
- La pluralità delle appartenenze
- Pratiche di reinvenzione
A cura di:
Anna GranataElena Granata
Articolo già pubblicato su Animazione Sociale n.11, Novembre 2007