La seconda area: organizzazioni e formazione
Nella mia esperienza questa seconda area, pur presente da molti anni, era stata poco pensata come “mercato”possibile: il lavoro di formazione e intervento con gruppi e servizi mi era sempre parso secondario, in una prima fase perché come dipendente avevo poco tempo disponibile, poi perché la ricerca di modi e processi nel lavoro diretto mi aveva parecchio impegnato sul fronte tecnico e metodologico.
Ma gradualmente questo lavoro ha preso spazio e corpo, è diventato una sostanza tecnica e professionale che si poteva meglio identificare, organizzare e strutturare.
Nel lavoro sociale l’area educativa, di insegnamento, preparazione e formazione, è spesso presente: basti pensare ai gruppi per genitori o insegnanti, all’auto aiuto per fasce sociali a rischio, agli interventi organizzativi e di coordinamento abbastanza consueti nel lavoro quotidiano di un assistente sociale e nei servizi.
Insegnare, per alcuni aspetti, fa parte del lavoro sociale quanto educare…ci si impegna a trasmettere competenze e saperi d’area sociale ad altre professioni o settori d’intervento..e accade spesso che assistenti sociali insegnino organizzazione o politiche sociali o metodo del lavoro sociale ad ASA oppure OSS, oppure alle nuove generazioni di assistenti sociali ed educatori.
Un lavoro quotidiano in area sociale confronta in modo non superficiale con sistemi e processi organizzativi, che, elaborati e approfonditi, possono essere o diventare un nuovo spazio di lavoro: la competenza a capire, riconoscere, trattare, temi organizzativi o socio/organizzativi è certo complessa e faticosa, prevede un buon lavoro di preparazione e la costruzione di professionalità articolate e che sappiano connettere approcci anche molto diversi, come psicologia e sociologia, ma è di questi anni una evoluzione professionale che, partendo dai temi sociali che ci appartengono per esperienza e competenza, sappia sviluppare processi di conoscenza e innovazione professionale come processi di trasmissione di modelli e metodi, di approcci specifici ai temi sociali.
La libera professione ha in questo campo spazio aperto, se viene individuata e differenziata la specificità di esperienza e competenza, un sapere e dei saperi che sono parte rilevante di un “prodotto” che diventa un valore e, come tale, acquista visibilità e qualità.
Un intervento per organizzare un servizio adeguato di assistenza domiciliare, o una proposta formativa utile all’inserimento di nuovi assunti in un Ente, come, invece, la preparazione e realizzazione di un lavoro di sensibilizzazione e formazione alla salute per le scuole elementari e medie, sono alcuni dei possibili esempi ed evoluzioni di un lavoro di assistente sociale.
Uno spazio si è ormai aperto per la nostra professione in campo formativo e di progettazione sociale, in cui è possibile utilizzare sia l’esperienza specifica di temi sociali sia la capacità di proporre progetti o interventi correlati ai nuovi fenomeni sociali.
Creare ed innovare fa parte del modello culturale di base, che insegna da sempre l’incrocio e la connessione tra pratica e teoria... ed è dall’esperienza individuale e della professione tutta che possono nascere, nel tempo, capacità di progettazione e novità se viene immaginata e pensata la possibilità di andare al di là di ciò che è già conosciuto o sperimentato e si accetta il rischio di andare oltre e altrove.
Il lavoro di assistente sociale è, o sembra, cosa nota: la mia testimonianza, spero, consente di pensare e pensarsi diversamente, in esperienze di libera professione ancora, in parte, da scoprire nei prossimi anni.