Legge quadro 328/2000
Il contenuto
(Art. 1 comma 2) - La legge riprende la definizione di servizi sociali contenuta nell’art 128 del decreto legislativo 112 del 98 in base al quale:” per "servizi sociali" si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia.”
(Art 1 comma 3) - La programmazione e organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle Regioni e allo Stato secondo alcuni principi, primo tra tutti il principio di sussidiarietà, già sancito con la prima legge Bassanini, che ha una duplice valenza interpretativa:
- la sussidiarietà verticale che indica un criterio di distribuzione delle competenze tra lo Stato e le autonomie locali in base al quale l’ente gerarchicamente inferiore svolge tutte le funzioni e i compiti di cui esso è capace, mentre, all'ente sovraordinato, viene lasciata la possibilità di intervenire per surrogarne l'attività, laddove le risorse e le capacità dell'ente sottordinato non consentano di raggiungere pienamente e con efficacia ed efficienza l'effettuazione di un servizio. In base a questo principio, cioè, lo Stato deve intervenire solo quando i cittadini non sono in grado di farcela da soli; tale intervento deve essere temporaneo e durerà solamente per il tempo necessario a consentire ai corpi sociali di tornare ad essere indipendenti, recuperando le proprie autonome capacità originarie.
L’intervento deve infine essere realizzato dall’ente più vicino al cittadino: quindi in caso di necessità il primo ad agire sarà il Comune. Solo se il comune non fosse in grado di risolvere il problema deve intervenire la Provincia, quindi la Regione, lo Stato centrale e infine l’Unione Europea; - la sussidiarietà orizzontale che si ha invece quando attività proprie dei pubblici poteri vengono svolte da soggetti privati, cioè dai cittadini stessi magari in forma associata e \ o volontaristica con l’intento di lasciare più spazio possibile all’autonomia privata, riducendo così all’essenziale l’intervento pubblico. Ciò deve avvenire non in un’ottica di supplenza dei privati alle carenze dei soggetti pubblici ma in quella di collaborazione alla costruzione di una rete si servizi alla persona.
In relazione a questo secondo tipo di sussidiarietà la legge prevede (all’Art 1 comma 4) che: ”Gli enti locali, le Regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale” quali associazioni, cooperative, fondazioni, organizzazioni di volontariato, ed enti di patronato “nella organizzazione e gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.
(Art 2 comma 2) Questo sistema ha il carattere della universalità,(Art 2 comma 1) hanno infatti diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi tutti i cittadini italiani e degli Stati appartenenti all’Unione Europea ed i loro familiari nonché gli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorni. Ai profughi, agli apolidi e agli stranieri irregolari sono garantite le misure di prima assistenza.
(Art 2 comma 3) Accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogate i soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito, con incapacità parziale o totale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità fisiche o psichiche, coloro che sono sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria per cui necessitano di interventi assistenziali o i soggetti con difficoltà di inserimento nella vita lavorativa o sociale.
(Art 4 commi 1 e 4) Per realizzare questo sistema integrato e offrire quindi queste prestazioni su tutto il territorio nazionale si ricorre a un finanziamento plurimo cui concorrono gli enti locali, le Regioni e lo Stato attraverso il Fondo Nazionale per le politiche sociali, già istituito con la legge finanziaria del 1998 ma che assume rilievo solo con la legge 328 del 2000 che lo disciplina nell’Art 20. Da questo Fondo Nazionale le risorse vengono ripartite alle Regioni andando a costituire le risorse del Fondo Regionale che, a loro volta, le Regioni ripartiranno tra i Comuni che le utilizzeranno per erogare i servizi.
Il sistema di erogazione dei servizi creato dalla legge 328/00 risulta fortemente incentrato sulla relazione tra Enti Locali e Settore No Profit cui viene riconosciuto un ruolo rilevante nell’Art 5. Essi infatti vengono chiamati a partecipare alla co-progettazione dei servizi e alla realizzazione concertata degli stessi. Gli enti locali e le regioni poi devono promuovere azioni per il sostegno e la qualificazione di questi soggetti in particolare attraverso il ricorso a forme di aggiudicazione dei servizi che consentano ai soggetti del terzo settore di esprimere a pieno la loro progettualità (Art 5 comma 2). Da qui il ricorso all’appalto concorso che è lo strumento che, più di ogni altro, consente di esprimere la progettualità dei soggetti no profit e di valutare la qualità delle prestazioni che si intendono offrire oltre che del personale che si intende impiegare.
La necessità di valorizzare tutti gli attori sociali del nuovo sistema integrato impone al legislatore di occuparsi anche della riforma delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (Art 10). La legge 328 prevede l’inserimento delle IPAB che operano in campo socio-assistenziale nella rete locale dei servizi e delle prestazioni.
La nuova organizzazione del sistema dei servizi sociali prevede la netta divisione delle competenze tra Comuni, Province, Regioni e Stato.
Per quanto riguarda i Comuni la legge afferma che essi sono titolari delle funzioni amministrative riguardanti gli interventi sociali a livello locale (Art 6 comma 1) e gli attribuisce una serie di funzioni di programmazione e progettazione da realizzare attraverso i Piani di zona nell’ambito del sistema di servizi sociali a rete (Art 6 comma 2 lettera a) costituito dall’insieme dei soggetti pubblici e privati (profit e non). Al Comune spetta poi, oltre all’erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche (Art 6 comma 2 lettera b), anche la vigilanza e il controllo sui soggetti che costituiscono questo sistema (Art 6 comma 2 lettera c) che devono ottenere l’accreditamento. Tutti i soggetti erogatori di servizi che intendono entrare nelle attività dei servizi socio-assistenziali devo entrarci infatti attraverso la strada di una autorizzazione preventiva (se non vogliono entrare a far parte del circuito dell’assistenza pubblica) e di una certificazione e di un accreditamento da parte del Comune se intendono farlo (Art 11). Questi strumenti servono ad accertare la qualità sociale dei servizi erogati cioè la loro rispondenza ai requisiti minimi fissati a livello statale e sulla base dei quali le regioni definiscono i criteri per l’autorizzazione e l’accreditamento.
Altro requisito necessario all’accreditamento stabilito dalla legge 328 del 2000 è poi l’adozione, da parte di tutti gli enti erogatori di servizi, della Carta dei servizi sociali (Art 13). In questa carta vengono indicati i servizi erogati, le modalità del loro funzionamento nonché le procedure per assicurare la tutela degli utenti.
Dai Comuni dipende poi la determinazione dei parametri per la valutazione delle condizioni di povertà, di limitato reddito e di incapacità totale o parziale per inabilità fisica e psichica che consentono l’accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi.(Art 8 comma 2 lettera e).
Ne deriva un modello di welfare socio-assistenziale caratterizzato dalla capacità di mobilitare le risorse presenti sul territorio che viene detto “municipale” in riferimento al ruolo di regia attribuito al Comune.
Spetta infine ai Comuni l’elaborazione e l’approvazione dei Piani di zona di assistenza sociale (Art 19). Tale piano individua gli obiettivi e le priorità di intervento oltre che gli strumenti e i mezzi per la loro realizzazione.
Anche le Province (Art 7) concorrono, seppur con minori attribuzioni rispetto agli altri enti, alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali occupandosi nello specifico di raccogliere informazioni circa i bisogni e le risorse messe a disposizione dai Comuni o dagli altri soggetti presenti in ambito provinciale, della promozione di iniziative di formazione. Esse inoltre partecipano alla definizione e all’attuazione dei Piani di zona.
Le Regioni (Art 8) esercitano le funzioni di programmazione e coordinamento degli interventi sociali spingendo verso la loro integrazione con quelli sanitari, con quelli formativi e con quelli riguardanti l’inserimento lavorativo. Esse si occupano poi di verificare l’attuazione a livello territoriale dei Piani di Zona oltre che di stabilire i criteri di accreditamento (Art 8 comma 3 lettera f), di costituire un albo dei soggetti autorizzati a svolgere le funzioni indicate dalla normativa (Art 8 comma 3 lettera g) e di determinare i livelli di partecipazione degli utenti al costo delle prestazioni (Art 8 comma 3 lettera l).
Infine alle Regioni spetta la ripartizione, ai comuni e agli enti locali, delle risorse del Fondo regionale di assistenza sociale (Art 8 comma 5).
Lo Stato (Art 9) esercita i poteri di indirizzo, coordinamento e regolazione delle politiche sociali determinandone i principi e gli obiettivi attraverso il piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali (Art 18) che indica i livelli uniformi e di base delle prestazioni (LIVEAS Art 22 comma 2). In questi livelli essenziali rientrano prestazioni, da erogare a livello locale, quali:
- segretariato sociale per fornire info e consulenze ai singoli e ai nuclei familiari;
- interventi per le situazioni di emergenza sociale personali o familiari;
- assistenza domiciliare;
- strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali;
- centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.
Lo Stato si occupa poi di stabilire i requisiti minimi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi residenziali e semiresidenziali oltre ai requisiti e ai profili professionali in materia di professioni sociali. Infine lo Stato ripartisce le risorse del Fondo sociale nazionale.
Il capo III della legge quadro elenca le disposizioni relative alla realizzazione di particolari interventi sociali.
All’Art 14 sono previsti Progetti individuali per le persone disabili volti alla loro piena integrazione nell’ambito della vita familiare e sociale nonché dal punto di vista della istruzione scolastica, della formazione professionale e del lavoro.
Nell’Art 15 sono contenute invece le indicazioni riguardanti il sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti. L’articolo stabilisce che la quota del Fondo nazionale per le politiche sociali riservata ai servizi a favore delle persone anziane non autosufficienti viene utilizzata dalle Regioni per favorirne l’autonomia e sostenere il nucleo familiare nell’assistenza domiciliare alle persone anziane.
L’Art 16 è dedicato agli interventi per la valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari in quanto il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie e valorizzandone i molteplici compiti.
La legge prevede infine la realizzazione del Sistema informativo dei servizi sociali (Art 21) al fine di facilitare la conoscenza dei bisogni sociali e poter quindi disporre tempestivamente delle informazioni necessarie a programmare, gestire e valutare le politiche sociali.
Nell’ambito delle disposizioni finali, l’Art 27 è invece dedicato all’istituzione della Commissione di indagine sulla esclusione sociale che ha appunto il compito di effettuare ricerche sulla povertà ed emarginazione in Italia e di formulare proposte per la loro rimozione.
- Legge quadro 328/2000: Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali
- Legge 328/2000: il contenuto
- Le politiche sociali dopo la legge 328/2000