Gli Strumenti del servizio sociale
Nell’esercizio professionale, l’assistente sociale utilizza degli strumenti che gli consentono di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di cambiamento e di aiuto.
Ci sono strumenti sono finalizzati alla conoscenza e all’intervento verso l’utenza e gli strumenti legati alla dimensione organizzativa-gestionale finalizzati alla promozione, progettazione, organizzazione delle risorse e dei servizi, la ricerca e la conoscenza della comunità.
Cartella sociale | Relazione sociale | Colloquio |
Visita domiciliare | Contratto | Il lavoro di equipe |
Supervisione | Documentazione |
Cartella sociale
La cartella socio-assistenziale è lo strumento informativo e gestionale principale nel lavoro dell’assistente sociale, che consente di tenere in memoria i dati necessari alla formulazione di una valutazione sulla situazione dell’utente.
Viene organizzata in base al contesto istituzionale e alle sue specificità operative.
Deve essere considerata come uno strumento del servizio e per questo deve essere leggibile da parte di qualsiasi soggetto legittimato a farlo (ad esempio un collega a cui viene passata la presa in carico del caso).
Può inoltre rappresentare un valido strumento di controllo e monitoraggio dell’evolversi dei bisogni sociali ed individuali, dei risultati ottenuti e del cambiamento dei fenomeni.
COSA DEVE CONTENERE:
- i dati oggettivi dell’utente
- la valutazione della situazione problematica e di eventuali urgenze
- le risorse a dispozione o da reperire
- il progetto di intervento
- il contratto con l’utente
- il diario cronologico del processo di aiuto
- la registrazione di colloqui importanti
- i verbali delle riunioni di equipe
- la copia delle relazioni inviate ad altri enti
- i risultati raggiunti, le scadenze, i tempi previsti per concludere il processo di aiuto
La cartella sociale consente di:
- tenere memoria dell’evoluzione del processo di aiuto
- tutelare l’utente perchè la sua domanda viene registrata e vengono definiti tempi e impegni assunti
- consente di monitorare l’uso delle risorse
- facilita la condivisione delle informazioni nell’equipe e nel caso di passaggio del caso ad un altro operatore
- è utile per la ricerca perchè mette a disposizione dei dati
Relazione sociale
La relazione sociale è il principale strumento di comunicazione per trasmettere informazioni pertinenti al processo di aiuto ad altri servizi,oppure per fini organizzativi e esigenze amministrativo-gestionali.
Ogni relazione deve essere pensata e scritta in base allo scopo e alla tipologia del destinatario, avendo cura di essere chiari e di selezionare le informazioni utili da trasmettere.
Come si fa una relazione? Ecco alcuni elementi utili:
- titolo: ad esempio "Sintetica relazione dell’utente sig. X"
- dati anagrafici (nome, cognome, sesso, età, stato civile, domicilio, professione, nazionalità, lingua parlata, ecc.)
- procedimenti usati per il caso (numero dei colloqui e di che tipo, interventi di altri professionisti, clima riscontrato durante i colloqui)
- motivo per cui si è avviato il processo di aiuto, qual’è stata la richiesta
- descrizione sintetica del gruppo familiare
- sviluppo del caso, specificando se l’utente ha partecipato attivamente, se ha stabilito un buon rapporto, se ha saputo cogliere le risorse dell’ente
- delineare aspetto psicologici della relazione (resistenze, difficoltà, caratteristiche di personalità)
- conclusioni
- prognosi con un’indicazione ("si pensa che la persona possa fare...", giustificare l’invio della relazione)
- firma e data
Colloquio
Il colloquio è lo strumento principale dell’assistente sociale per raggiungere gli obiettivi di cambiamento, ma viene utilizzato per altri scopi anche di altri professionisti (preti, medici, giudici, giornalisti, insegnanti,...).
L’ass.soc. usa il colloquio per cogliere i bisogni, definire gli obiettivi del cambiamento e sviluppare le varie fasi del processo di aiuto.
Ci sono tre tipi di colloqui in base agli obiettivi:
- informativi (volti allo scambio di dati e informazioni);
- diagnostici (volti a definire i bisogni, facendo emergere quelli latenti)
- terapeutici (volti al cambiamento della situazione problematica)
(tratto da Kadushin, Il colloquio nel servizio sociale, Astrolabio, 1980)
Il colloquio può essere chiesto da:
- dall’ass.soc. all’utente
- dall’utente all’ass.soc.
- dall’ass.soc. a persone che partecipano al processo di aiuto (ad esempio la famiglia)
- dall’ass.soc. a altri professionisti del suo ente o di altri servizi
- da terzi implicati nella situazione dell’utente
PREREQUISITI:
- MATERIALE: è necessario predisporre il luogo dove si svolgerà il colloquio poichè deve essere una situazione comoda e raccolta, possibilmente una stanza dedicata a questo scopo.
Dev’essere chiaro cosa sta dentro la stanza e cosa sta fuori, non sono oppurtune quindi interruzioni ed interferenze (telefono, qualcuno che bussa alla porta,...).
La stanza deve essere possibilmente accogliente, ma non eccessivamente personalizzata. Anche l’ass.soc. si deve adeguare al contesto, non sono opportuni gli eccessi nel vestire (super gioielli, tuta da ginnastica o abbigliamento griffato che potrebbero mettere a disagio). - MENTALI: E’ importante essere se stessi, ma è bene guardarsi con occhio critico per capire quali rimandi percepisce l’utente. Meglio evitare lo stile troppo amichevole e quello troppo rigido.
- SOSTANZIALI: l’ass.soc. deve mettersi in un atteggiamento tranquillo, accogliente e contenitivo, per dare all’altro la possibilità di abbassare le difese e di coglierne lo stile.
- TEORICI: per fare un colloquio è necessario conoscere le teorie e le scuole sottese alla tecnica del colloquio.
IL COLLOQUIO PSICO-SOCIALE
Il colloquio è un incontro tra due persone, una relaziona dialogica, in cui l’ass.soc. conduce, ma l’utente decide i contenuti.
Il colloquio dipende dall’utente, ma l’ass.soc. tiene il filo conduttore attraverso il setting (tempo, spazio, ruolo, compito).
In modo particolare il PRIMO COLLOQUIO è importante per mettere le fondamenta alla relazione professionale.
In esso si devono cogliere:
- le motivazioni che hanno spinto la persona a chiedere aiuto
- chiarire gli scopi dell’utente e il ruolo dell’ass.soc.
- creare una condizione di fiducia, eliminando i timori dell’utente
Lo scopo del colloquio è capire il problema, vedere come la persona lo affronta o perchè non ci riesce.
ASCOLTARE: Fare un buon colloquio è molto faticoso perchè l’essenza del problema si coglie nelle sfumature.
Se è fatto bene, gli utenti mandano un rimando immediato, perchè è un’esperienza abbastanza eccezionale quella del parlare di sè senza essere giudicati.
Attraverso l’ascolto l’utente apprende qualcosa di sè, può tendere al cambiamento e avviare un effetto terapeutico.
LE FASI DEL COLLOQUIO:
- FASE SOCIALE: è la fase di accoglienza, in cui si mette l’utente a proprio agio;
- FASE DI INDAGINE: è la fase in cui si cerca di dare un nome al problema;
- FASE INTERATTIVA: è la fase in cui si cerca di definire i soggetti coinvolgibili nel processo di aiuto, soprattutto del sistema familiare;
- FASE DI DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI: è la fase in cui si fissano gli obiettivi da raggiungere e la definizione dei compiti.
TECNICA DEGLI EMERGENTI:
- tenere a mente la prima cosa significativa che l’utente dice;
- fare domande sul primo emergente, indirizzando il colloquio sul quello;
- capire se cambia qualcosa, se dice un’altra cosa importante: il secondo emergente;
- tenere presente quando termina il colloquio, cosa viene detto di importante negli ultimi cinque minuti.
Finito il colloquio si collegano i tre emergenti e ci si fa un’idea in base al materiale a disposizione.
COSA NON DEVE FARE L’ASSISTENTE SOCIALE:
- entrare nel colloquio facendo riferimenti personali;
- ostentare conoscenze, fare il mago, essere narcisista;
- indagare nella vita altrui su cose che non servono: la persona deve capire peprchè si fanno le domande;
- mettere a posto le persone che urlano: è bene invece aspettare che si calmino evitando di sostare in luoghi di passaggio.
I SILENZI:
Gestire i silenzi non è semplice, spesso l’ass.soc. parla per coprire il silenzio dell’utente, ma è invece necessario dare un significato a quel momento.
Alcuni autori, come Rogers, indicano di non fare domande dirette, ma di incoraggiare la persone e farle intendere che c’è attenzione nei suoi confronti, ad esempio con cenni del capo.
Può essere utile riprendere le ultime parole dette, oppure l’ultima frase per far riprendere il discorso.
TERMINE DEL COLLOQUIO:
E’ importante rispettare l’orario, perchè l’ass.soc. non ha risorse infinite di concentrazione.
A volte l’utente inizia un discorso importante negli ultimi cinque minuti a disposizione, e in questi casi è bene fissare un nuovo appuntamento.
E’ utile osservare come la persona chiude il colloquio, perchè è in piccola misura un modo per vedere come reagiscono alla separazione (c’è chi vuole troncare, chi vuole prolungare, chi vuole decidere il tempo del colloquio).
Per l’ass.soc. è essenziale verificare alla fine del colloquio le proprie emozioni e raccogliere le informazioni in modo organico.
Visita domiciliare
E’ uno strumento usato dall’assistente sociale e deriva dalla pratica medica che cosiste nel visitare il bisognoso a domicilio.
La storia antica dell’ass.soc. si fonda sulla visita domiciliare delle donne che portavano aiuto a casa, per far sentire l’interessamento, la vicinanza, l’accettazione attraverso una certacontaminazione con il mondo misero e degradato.
Il povero non andava in ufficio, la miseria era molto diffusa e gli unici punti di riferimento le chiese ed i conventi dove la gente si recava per chiedere da mangiare.
Le società di mutuo aiuto, i primi sindacati si organizzavano capillarmente nelle case dei lavoratori.
Solo nel 1936 lo Stato organizza gli Enti Comunali di Assistenza soprattutto nelle città.
Negli anni ’70 si era messa in discussione la visita domiciliare perchè il servizio sociale si era ritirato, affidando il controllo alle forze dell’ordine.
Il vigile urbano utilizzava quindi la visita domiciliare per accertare qualsiasi richiesta, anche la consistenza patrimoniale, per valutare l’erogazione di servizi, sussudi e alloggi.
Oggi l’ass.soc. si reca a casa per capire meglio la situazione, per avere informazioni dirette sul contesto abitativo, familiare e sullo stile di vita dell’utente.
L’accertamento e il controllo sono oramai d’ufficio e quindi la funzione di controllo dell’ass.soc. com’era in origine viene meno.
Oggi ci sono categorie di persone che non possono recarsi dall’ass.soc. per malattia od altri motivi e hanno quindi bisogno di una visita.
La visita domiciliare è un colloquio svolto in un luogo diverso dall’ufficio, il cui setting è quindi modificato e influisce sulla relazione e sui tempi.
Le persone che ricevono la visita possono farsi delle fantasie, chiedersi cosa pensa il visitatore della loro casa, possono sentirsi umiliati, possono sentirsi invasi o diventare più dipendenti dall’ass.soc.
E’ necessario che sia chiaro lo scopo della visita ed è anche oppurtuno fissare un appuntamento per farsi aspettare a casa dall’utente.
A volte anche l’ass.soc. può sentirsi fuori posto e si fa accompagnare da un altro operatore, però per l’utente può essere un problema e creare ansia.
L’ass.soc. deve aggiornarsi sugli usi e costumi delle persone che andrà a visitare soprattutto se sono stranieri.
TAPPE DELLA VISITA DOMICILIARE:
- avvisare per tempo le persone e con precisione (giorno, ora, per quanto tempo e in quanti)
- sopportare i convenevoli dell’ospitalità
- non iniziare il colloquio fino a quando sono tutti tranquilli
- iniziare il colloquio
- concludere definendo con precisione cosa è stato capito, dedotto, fatto
- è utile lasciare alla persona un foglio con le cose da fare
Di ogni visita domiciliare vanno valutati vantaggi e svantaggi, e definiti gli obiettivi.
Contratto
Si può definire un chiaro contratto con l’utente solo dpo un’attenta valutazione dei bisogni, i vincoli, le risorse e gli attori coinvolti.
E’ uno strumento importante per definire un accordo tra ass.soc. e utente, in cui si chiarisce il problema, si esplicitano gli obiettivi da raggiungere, si definiscono i compiti di ciascuno.
E’ un impegno chiaro sia per l’operatore che mette in campo delle risorse, sia per l’utente che viene riconosciuto come soggetto attivo del processo di aiuto.
L’utente attraverso il contratto viene reso partecipe e protagonista in prima persona poiché vengono stimolate la sua capacità di agire e le risorse residue.
Il contratto ha l’obiettivo di responsabilizzare l’utente ed evitare la delega completa all’assistente sociale.
Il lavoro di equipe
L’equipe è un gruppo monoprofessionale o pluridisciplinere, con funzione di analisi, valutazione e presa in carico.
L’obiettivo principale dell’equipe è quello di affrontare problemi individuali o sociali nell’ottica di un progetto globale nel contesto territoriale di riferimento.
Supervisione
La supervisione è uno strumento molto importante per l’assistente sociale perchè consente di vedere dall’alto le cose, con uno sguardo più distante e quindi anche meno emotivo.
La supervizione aiuta a rielaborare il vissuto e le relazioni ed ha alcuni scopi:
- elaborare l’esperienza ed apprendere da essa
- avere lo spazio per rivedere l’intervento
- avere un momento di valutazione
- superare il rischio di burnout
Ha inoltre alcune caratteristiche:
- il supervisore si deve collocare fuori dall’ambito del servizio
- deve avere possibilmente la stessa linea metodologica di orientamento dell’ass.soc.
- deve avere fiducia dell’operatore perchè ci si può sentire come utenti (ci si deve mettere in gioco, accettare che possiamo sbagliare e qualcuno de lo fa notare,...)
La supervisione può essere fatta a livello individuale, di categoria, di equipe o istituzionale, ma anche su materiale scritto.
Documentazione
E’ tutta la produzione scritta riguardante gli utenti, il servizio, l’istituzione e le tematiche che si stanno trattando, studi, progetti, libri, proposte e materiale inerente alla supervisione.
La documentazione è importante a livello giuridico perchè tiene traccia di un lavoro svolto, garantendo la tutela dell’assistente sociale, dell’utenza e talvolta anche dell’istituzione.
La documentazione deve essere essenziale, serve anche per fare una sintesi, per tratteggiare il movimento mensile/annuale, per osservare il percorso effettuato.
La documentazione consente di tenere memoria dei fatti, è una prova non alterata nel tempo.
La documentazione in ANDATA:
La documentazione che l’assistente sociale produce: relazioni, cartelle sociali, verbali d’incontro, note di servizio, lettere, studi, programmi per progetti, delibere, determine, bilanci, articoli, libri, interventi a conferenze.
La documentazione di RITORNO:
L’assistente sociale riceve documenti da organi deliberativi, atti che tracciano la strada su cui si deve operare.
Poi ci sono le specifiche (circolari, disposizioni, ordini di servizio, determine) fatte dai dirigenti che traducono le leggi e danno motivazioni più specifiche.
C’è la documentazione amministrativa ( moduli, certificati, contratti) che riguarda le più svariate materie.
Ci sono documenti ricevuti dagli utenti o dai loro legittimi rappresentanti: domande, richieste, istanze, certificati, richieste di chiarimenti. Ci sono, inoltre, riviste, libri e opuscoli.