Strumenti, metodi e tempi della formazione - Parte 1
Guardando ai numerosi contributi in tema di metodologie didattiche è da rilevare come sia possibile suddividerle in due grandi filoni: quelle tradizionali e quelle emergenti. Riguardo agli studi sulle metodologie tradizionali, le classificazioni tra metodi tendono a ricorrere pressoché identiche (Canonici A., 1979). Si può anzi individuare una tipologia-standard nell’elenco che segue (Quaglino G.P., 1985a):
- Istruzione programmata;
- Lezione;
- Lettura;
- Discussione;
- Incident;
- Caso;
- Simulazione;
- In-Basket;
- Role-play;
- Esercitazione;
- Gruppo esperienziale (T-group)
- Gruppo di studio;
- Lavoro di progetto;
- Autocaso.
I singoli metodi verranno in successione suddivisi nella descrizione per ”aree” principali di appartenenza.
Istruzione programmata.
L’istruzione programmata occupa uno spazio a sé nell’elenco sopra riportato, caratterizzandosi come un percorso di apprendimento altamente formalizzato e strutturato, opportunamente predisposto e che è richiesto al soggetto di compiere in modo vincolato. Meglio, si caratterizza come punto di convergenza tra un modello di apprendimento per passaggio di informazioni ed uno per condizionamento. Esso si concretizza infatti in una sequenza di unità di conoscenza (unità di apprendimento) in forma di altrettante domande, per ciascuna delle quali è prevista una risposta e possibilità di controllo della stessa: la risposta esatta consente la prosecuzione del percorso, la risposta errata esige riapprendimento. Evidente con chiarezza è dunque la logica di fondo: apprendimento per rinforzo, progressivo e sequenziale, per micro-unità di sapere rispetto ad un oggetto la cui completa conoscenza è garantita dal compimento dell’intero percorso, come dire frammentazione dell’oggetto di conoscenza per elementi minimi di apprendimento (item o frame).
Lezione - Lettura - Discussione
Quest’area di metodi riassume in sé quanto si può definire approccio accademico classico, configurando di fatto la tradizionale relazione di insegnamento: al soggetto è richiesta attenzione ed ascolto. Il modello di apprendimento è di tipo espositivo, l’apprendimento è vincolato a tali condizioni di base oltreché ovviamente, per i contenuti, alle informazioni trasmesse dal docente. Nella logica di questo scambio di unità di conoscenza o di sapere la lezione è vincolata a tempi comunque limitati, istituisce massima dipendenza del discente dal docente e consente altresì basso controllo in itinere da parte di quest’ultimo sull’apprendimento del primo (Ondoli C., 1992). A parziale integrazione della lezione, lettura e discussione consentono uno scambio più attivo tra docente e discente: un confronto, un’interrogazione reciproca, una verifica (Tornatore L., 1974).
Incident - Caso
Un caso è una situazione-problema che richiede soluzione. Un caso è altresì il resoconto o la cronaca degli eventi che hanno condotto a tale situazione-problema o che, più semplicemente, stanno a monte: una ricostruzione più o meno dettagliata di un certo periodo di storia organizzativa rispetto al presente rappresentato dal problema stesso. Un caso è infine una decisione da prendere, un intervento da proporre, un cambiamento da adottare come soluzione della situazione-problema. Il metodo didattico che ne consegue, per altro ampiamente noto, punta dunque sull’attivazione di processi di analisi di fatti e dati di un determinato contesto organizzativo e sulla ricerca di risposte ai classici interrogativi “come è successo?” e “che cosa fare?”. In tal senso esso costituisce il punto di passaggio dall’approccio accademico a quello cosiddetto attivo, dove la relazione pedagogica tra docente e discente privilegia la discussione ed il confronto al semplice ascolto, e dove il tipo di apprendimento sollecitato si caratterizza nella logica del problem solving e/o della problem analysis. L’incident, per comodità, lo si potrebbe definire un caso da completare. Ai soggetti, infatti, posti di fronte ad una situazione-problema delineata nei suoi tratti essenziali è anzitutto richiesto di ricostruire il caso, di individuare il tipo di dati e informazioni necessarie all’analisi e di proporre una soluzione in ipotesi. Rispetto al metodo dei casi questo metodo si caratterizza dunque, pur nell’adesione ad analoghi principi didattici, per una maggiore flessibilità ed apertura del percorso di analisi (e di apprendimento) sollecitato (Morelli U., 1991).
Simulazione - In-Basket - Role-play - Esercitazione
Raggruppabili in un’unica area, questi metodi segnano il definitivo passaggio da un approccio accademico ad uno attivo. La logica condivisa è quella dell’apprendimento per esercizio, sperimentazione, riproduzione (attiva) di problemi e situazioni (con ovvio riferimento prevalente agli oggetti e alle condizioni di lavoro dei soggetti): ciò che potrebbe essere identificato, per comodità, come un caso simulato dal vivo anziché semplicemente analizzato a tavolino come è per i metodi analizzati in precedenza. Riferimento altrettanto condiviso è ad un modello di apprendimento di tipo esperienziale che segue rigorosamente i passaggi di sperimentazione, analisi e concettualizzazione.
La simulazione consiste nella sperimentazione di una specifica realtà organizzativa e sulla base di dati e informazioni predisposti è richiesto ai soggetti di prendere decisioni a più riprese e con la possibilità ogni volta di verificarne i risultati e dunque di ridefinire obiettivi direzione delle decisioni stesse. In-basket sono esercizi di presa di decisione vincolati al tema della corrispondenza di lavoro. Role-play sono esercizi di rappresentazione o drammatizzazione a partire da profili di ruolo predefiniti: dove evidentemente sono condizioni e caratteristiche del provare a mettersi-nei-panni-di o dell’impersonare quel ruolo ad essere contenuti di apprendimento (Di Maria F., 1991). Le esercitazioni possono di fatto riassumere in sé le precedenti (Fischer L., 1996).
Gruppo esperienziale
Si parla qui di gruppo esperienziale per indicare una molteplicità di metodologie formative il cui denominatore comune si riassume nella centratura sul gruppo: dove cioè il gruppo è momento e strumento, motivo e movente, soggetto e oggetto di apprendimento. Il riferimento classico è al T-group (Training-group, cioè “gruppo di allenamento”) lewiniano come scoperta originale e creativa delle possibilità e delle potenzialità formative del gruppo (Lewin K., 1965; Contessa G., 1987 e 1998).
A grandi linee, si riconoscono oggi almeno quattro differenti filoni principali, che per i limiti di questo lavoro non possiamo ulteriormente approfondire (Stella S., Quaglino G.P. 1976):
- T-group lewiniano;
- Encounter-group;
- Gruppo di analisi istituzionale;
- Gruppo di socioanalisi.
In generale va tuttavia precisato che il gruppo esperienziale si caratterizza come modalità formativa anzitutto per il tipo di apprendimento sollecitato, in termini di analisi e rielaborazione personale dell’esperienza del soggetto nel gruppo ed in funzione di differenti livelli, da quello delle modalità di interazione a quello dei vissuti emotivi suscitati o emergenti. Si caratterizza inoltre come progetto educativo in larga misura destrutturato, vincolato a ciò che succede qui-ed-ora (secondo la regola dell’hic et nunc lewiniano) ovvero alle verbalizzazione dei soggetti, al materiale da essi prodotto. Si caratterizza infine per il riferimento costante al gruppo come dimensione di vita sociale, come specchio di sé, come luogo deputato alla riscoperta delle modalità personali di entrare in relazione con gli altri ovvero di confrontarsi con la complessa realtà nei rapporti sociali (Lo Verso G., 1984; Cellentani O., Guidicini P., 1992).
Gruppo di studio - Lavoro di progetto - Autocaso
Questi metodi si caratterizzano anzitutto per la condivisione del proposito di ovviare a taluni inconvenienti propri dei metodi in precedenza esaminati: in particolare all’estraneità e al basso coinvolgimento dei soggetti per quanto si riferisce al metodo dei casi, ed alla situazione di “finzione” propria di esercitazioni e simulazioni. In tal senso, proposito ugualmente condiviso è quello di favorire un apprendimento maggiormente centrato sul soggetto sia rispetto ai processi attivati che ai contenuti del progetto educativo.
Per semplicità si può parlare di metodi educativi che privilegiano una duplice dimensione: quella della problem analysis da un lato e quella della discussione e del confronto dall’altro, dove tuttavia il materiale oggetto dell’analisi del progetto educativo è prodotto dai partecipanti stessi anziché dal docente. Più precisamente (Spaltro E., 1970; Quaglino G.P., Casagrande S., Castellano A., 1999):
- Il Gruppo di studio si propone come lavoro di approfondimento di argomenti (i più diversi) scelti dai soggetti e per cui è richiesto di raccogliere materiali (i più differenti), di organizzarli, rielaborarli e predisporre una relazione come sintesi del lavoro stesso;
- Nel Lavoro di progetto gli argomenti ripropongono soprattutto situazioni-problema di specifici e reali contesti organizzativi, dove l’obiettivo del progetto educativo consiste essenzialmentenella stesura di un caso, nella ricostruzione dal vero di tali situazioni-problema e dove sono previsti momenti di lavoro sul campo per l’acquisizione di dati e materiale informativo;
- Autocaso infine è un caso reale di uno dei partecipanti del progetto educativo ricostruito interamente in aula secondo modalità di lavoro che richiedono l’acquisizione di strumenti concettuali di analisi e classificazione dei dati e la loro applicazione ai casi in oggetto.