Strumenti, metodi e tempi della formazione - Parte 2
Le metodologie emergenti, a differenza di quelle tradizionali, costituiscono un campo piuttosto eterogeneo, differenziato e in pieno movimento. Il seguente elenco può essere considerato rappresentativo anche rispetto a proposte di classificazione pur importanti ma eccessivamente frammentarie (Quaglino G.P., 1985a):
- Outdoor development;
- Outward bound;
- Learning community;
- Autonomy laboratory;
- Action learning;
- Joint development activities;
- Metodi riflessivi.
I singoli metodi verranno in successione suddivisi nella descrizione per ”aree” principali di appartenenza.
Outdoor development - Outward bound
Il nome lo dice: si tratta di qualcosa oltre il confine. Il confine è rappresentato in questo caso proprio dalle condizioni, dalle situazioni, dai problemi abituali di lavoro dei soggetti. Le finalità del metodo sono evidentemente quelle di proporre un percorso di apprendimento dalla realtà, ma in situazioni-limite che richiedano un completo coinvolgimento del soggetto (anche fisico) e in condizioni inabituali, tali da richiedere al soggetto stesso l’utilizzazione di tutte le sue risorse, la ricerca e la sperimentazione attiva in assenza di punti di riferimento stabili e rassicuranti.
Questa metodologia educativa si caratterizza in definitiva per il tentativo di “rompere” il confine dell’aula e della classe come riferimenti tradizionali del progetto educativo o dell’apprendimento attendendosi così di “sbloccare” al tempo stesso gli schemi (altrettanto tradizionali) in base ai quali i soggetti apprendono: schemi diventati routinari, dunque rigidi ed inefficaci a garantire apprendimento del nuovo.
Learning community - Autonomy laboratory
La filosofia pedagogica che sostiene questi metodi è assai semplice: l’apprendimento non può che essere favorito dalla costituzione spontanea di un gruppo di soggetti che reciprocamente si scelgono, condividono gli stessi obiettivi di apprendimento e l’intenzione di realizzare un progetto finalizzato. I due metodi sono assai simili, in ogni caso ne sintetizziamo le principali caratteristiche:
- Learning community si propone come un progetto educativo vincolato al principio che ciascun soggetto è responsabile in prima persona dell’identificazione e della realizzazione dei propri obiettivi di apprendimento, nonché della collaborazione con altri per identificare e realizzare i loro obiettivi. Esso punta inoltre a favorire e agevolare lo sviluppo di un apprendimento significativo per il soggetto nel senso della guida alla piena autonomia. Anche in questo caso, come già per l’outdoor development, il confine dell’aula tradizionale è assai labile: il concetto di “comunità di apprendimento” fa riferimento piuttosto (e anzitutto) alla rete che collega i soggetti, non già alla loro disposizione o collocazione fisica nella stessa stanza.
- Autonomy laboratory si orienta soprattutto nella direzione di un apprendimento all’autonomia e alla creatività attraverso il riconoscimento e l’utilizzazione da parte dei soggetti della molteplicità delle loro risorse personali. Come per il metodo precedente tuttavia si lavora prevalentemente con materiali tradizionali, anche se l’obiettivo primario di apprendere ad apprendere può richiedere mezzi e risorse fra le più diverse.
Action learning - Joint development activities
Si può ben dire che la vera innovazione nel campo dei metodi didattici sia riconducibile in larga misura alla proposta di action learning formulata da Reg Revans (Revans R.W., 1980), e ripresa e sostenuta da un sempre più vasto consenso e dai contributi di un sempre maggior numero di studiosi (Quaglino G.P., 1985a).
Per limiti di spazio, faremo riferimento ai tratti essenziali, ai principi generali del metodo, che possono essere riepilogati nei seguenti punti:
- Il tentativo di saldare il momento dell’apprendimento con quello dell’azione, cioè della quotidiana attività di lavoro del soggetto. Il tentativo di stabilire quella circolarità sempre cruciale tra apprendere-agire-apprendere come identità inscindibile dei due momenti. Action learning in tal senso ha corrispondenze molto evidenti con l’altrettanto rivoluzionario concetto lewiniano di action research (Lewin K., 1961);
- L’ancoraggio del progetto educativo a problemi concreti di lavoro nel senso proprio della trasformazione delle modalità connesse con il gestire un problema in quelle di un vero e proprio progetto di apprendimento;
- La sollecitazione di processi di apprendimento complessi finalizzati a promuovere un sapere non per semplice acquisizione dall’esterno bensì per rielaborazione e scoperta originale, sapere che ha per oggetto al tempo stesso i contenuti del problema e le modalità del soggetto di affrontarlo, analizzarlo e risolverlo, recuperando ampiamente l’esperienza passata: dunque ha come obiettivi generali sviluppo e consapevolezza;
- Il conseguente richiamo a modelli di apprendimento di tipo pragmatico ed esperienziale confluenti a realizzare compiutamente un percorso di apprendimento di tipo eminentemente cognitivo.
In sintesi, ciò che definisce action learning come metodo, al di là dei più generali riferimenti teorici, è anzitutto l’assunzione di problemi reali (di lavoro e organizzativi) come contenuto del progetto educativo.
Quanto al metodo denominato joint development activities, esso tende a coincidere in larga misura con action learning. Identico è l’approccio teorico di base rivolto a promuovere, attraverso l’apprendimento, uno sviluppo globale dei soggetti nel ruolo ricoperto. Assai simile il riferimento a problemi concreti e reali come contenuto del progetto educativo, identica ancora la possibilità di costruire gruppi di soggetti che prevedano scambi tra organizzazioni differenti (joint, appunto). L’unica differenza, per quanto di rilievo, ha a che vedere con l’orientamento tipicamente propositivo dei progetti joint development activities rispetto a quello tendenzialmente risolutivo di action learning. Mentre questi ultimi vincolano il modello di apprendimento e la struttura del progetto a problemi nel senso proprio delle cose che non vanno o non funzionano e per le quali cercare una soluzione, i primi orientano piuttosto i soggetti nel senso di ricercare nuove idee finalizzate anzitutto alla crescita, allo sviluppo, alla realizzazione di nuove opportunità in riferimento al ruolo ricoperto dai soggetti stessi nonché esplicitamente all’organizzazione coinvolta dal progetto.
Metodi riflessivi
A completare il panorama certo già piuttosto eterogeneo dei metodi emergenti può essere infine considerata, seppure in posizione di confine rispetto ai metodi sin qui esaminati, un’area piuttosto ampia di tecniche formative che, almeno a livello generale, possono essere accomunate da un riferimento privilegiato a modelli di apprendimento di tipo riflessivo. Caratteristiche principali di quest’area di metodi sembrano così essere:
- La centratura sul soggetto a livello della più generale area del sé;
- Il distacco da più precisi riferimenti sia alla esperienza di lavoro, di ruolo o organizzativa in termini di problemi concreti, sia all’agire;
- Il recupero del più generale campo di esperienza personale come rimando per l’auto-riflessione.
Per meglio comprendere l’importanza e l’impatto delle metodologie didattiche fin qui presentate, e nello specifico quelle emergenti, è necessario accennare alla teoria di uno studioso statunitense dei processi di apprendimento, Kolb, il quale, pur manifestando palesi limiti dovuti ad un certo appiattimento positivistico della sua teoria, ha avuto ed ha tuttora una notevole rilevanza applicativa soprattutto negli Stati Uniti (Kolb D.A., 1977). Il suo modello dell’apprendimento esperienziale disegna un ciclo dell’apprendimento dei soggetti adulti inseriti nelle organizzazioni in cui si susseguono, in modalità circolare fissa, le seguenti quattro fasi:
- Esperienza concreta;
- Osservazioni e riflessioni;
- Formalizzazione dei concetti e generalizzazione;
- Applicazione dei concetti in nuove situazioni.
Secondo Kolb è possibile individuare diverse tipologie di stili di apprendimento degli individui, che possono essere utilizzate a loro volta per individuare diverse attitudini in funzione sia alle diverse professioni e settori aziendali che alle modalità organizzative di progetti formativi. Ogni persona, mediante la somministrazione di tests mirati e alla loro codifica in punteggi, ottiene una collocazione grafica (numerica) rispetto ad ogni fase. La fase dominante (o le fasi) che ne risulta corrisponde allo stile di apprendimento preminente di quel soggetto.
I quattro stili di apprendimento, che corrispondono al ciclo dell’apprendimento sopra esposto, possono pertanto essere così sintetizzati:
Fase dell’apprendimento | Stile di apprendimento |
Esperienza concreta | Concretezza |
Osservazioni e riflessioni | Riflessione |
Concettualizzazione e generalizzazione | Astrazione |
Applicazione | Azione |
Nella teoria dell’apprendimento di Kolb, inoltre, possono scaturire ulteriori quattro definizioni di stili di apprendimento a seconda della posizione ipotetica che ogni individuo va a ricoprire nel continuum circolare che ha come quattro vertici estremi della circonferenza gli stili citati. Nello schema che segue ne possiamo sintetizzare gli elementi:
Posizione del soggetto fra: | Stile di apprendimento conseguente |
Concretezza-Riflessione | Creativo |
Riflessione-Astrazione | Teorico |
Astrazione-Azione | Applicativo |
Azione-Concretezza | Realizzatore |
A questo punto appare chiaro come il metodo didattico rappresenti una tappa lungo un itinerario che il soggetto fruitore dell’apprendimento deve percorrere per giungere agli obiettivi prefissati. In quest’ottica la prima attenzione da prestare nella scelta del metodo didattico più adeguato fa riferimento alla sequenza ottimale da realizzare globalmente (Domenici G., 1981; Ballanti G., 1988). Come nel caso dell’esposizione di diapositive, la metodologia scelta deve essere collegabile a quella che precede e a quella che segue, deve avere una certa congruenza con l’obiettivo generale ricercato, deve seguire una certa logica e una certa strategia espositiva prescelta.
E’ importante valutare, nella scelta della metodologia didattica, se essa sia, in accordo agli obiettivi prefissati, orientata in generale a sviluppare conoscenze, capacità o comportamenti, dato che le metodologie didattiche finora presentate sono tendenzialmente indirizzate a sviluppare ognuna un’area specifica (Quaglino G.P., 1985a):
Metodi | Obiettivi formativi | ||
Conoscenze | Capacità | Comportamenti | |
Istruzione programmata | X | X | |
Lezione | X | ||
Lettura | X | ||
Discussione | X | ||
Incident | X | ||
Caso | X | ||
Simulazione | X | ||
In-Basket | X | ||
Role-play | X | ||
Esercitazione | X | ||
T-group | X | ||
Gruppo di studio | X | ||
Lavoro di progetto | X | ||
Autocaso | X | ||
Outdoor development | X | ||
Outward bound | X | ||
Learning community | X | ||
Autonomy laboratory | X | ||
Action learning | X | X | |
Joint development activities | X | X | |
Metodi riflessivi | X |
In relazione alla dinamica del processo di apprendimento bisogna tenere conto delle fasi che è necessario percorrere perché un apprendimento sia ben radicato nella rete neuronale di un soggetto, così che possa essere richiamato con facilità ogni volta che risulti opportuno. Il rimando è al modello di apprendimento di Kolb, il quale ipotizzava che ogni individuo potesse meglio cogliere le opportunità formative a seconda del proprio stile di apprendimento (Kolb D.A., 1977):
Metodi | Stile di apprendimento | |||
Concretezza | Riflessione | Astrazione | Azione | |
Istruzione programmata | X | |||
Lezione | X | |||
Lettura | X | X | ||
Discussione | X | X | ||
Incident | X | |||
Caso | X | |||
Simulazione | X | |||
In-Basket | X | X | ||
Role-play | X | X | ||
Esercitazione | X | |||
T-group | X | X | ||
Gruppo di studio | X | X | ||
Lavoro di progetto | X | X | ||
Autocaso | X | X | ||
Outdoor development | X | X | X | |
Outward bound | X | X | ||
Learning community | X | X | X | |
Autonomy laboratory | X | X | X | |
Action learning | X | X | ||
Joint dev. activities | X | X | ||
Metodi riflessivi | X |
Un altro criterio, questa volta logistico, di cui tenere conto nell’adozione di un metodo piuttosto di un altro è quello della tempistica, ossia di quanto tempo disponiamo. Le differenti metodologie didattiche infatti richiedono tempi diversi sia di progettazione che di realizzazione. Per quel che concerne la progettazione si può affermare che più una metodologia è strutturata più i tempi si allungano e viceversa. Per quel che concerne la realizzazione, i singoli episodi didattici richiedono tempi molto diversificati fra di loro: alcuni possono essere svolti in pochi minuti, altri richiedono ore e altri ancora giorni interi (Rotondi M., 2002):
Metodi | Tempi richiesti | ||||
Fino a 90’ | 1,5-4 h. | 0,5-1 g. | 1-5 gg. | oltre 6 gg. | |
Istruzione programmata | X | X | |||
Lezione | X | ||||
Lettura | X | X | |||
Discussione | X | ||||
Incident | X | X | |||
Caso | X | X | |||
Simulazione | X | ||||
In-Basket | X | ||||
Role-play | X | X | X | ||
Esercitazione | X | X | |||
T-group | X | ||||
Gruppo di studio | X | X | |||
Lavoro di progetto | X | ||||
Autocaso | X | X | |||
Outdoor development | X | ||||
Outward bound | X | ||||
Learning community | X | ||||
Autonomy laboratory | X | ||||
Action learning | X | ||||
Joint dev. activities | X | ||||
Metodi riflessivi | X | X |
Restando sulle problematiche logistiche, anche l’elemento spazio richiede altrettanta attenzione. Gli spazi a disposizione possono essere codificati in quattro tipologie: Aula, Spazi chiusi (stanze attrezzate, riservate, luoghi di lavoro, ecc.), Spazi residenziali (la cui caratteristica è quella di richiedere una lontananza fisico-emotiva dal luogo di lavoro) e Spazi aperti (luoghi extralavorativi come la propria abitazione, un prato, altre organizzazioni e aziende) (Castagna M., 1997):
Metodi | Spazi | |||
Aula | Chiusi | Residenziali | Aperti | |
Istruzione programmata | X | |||
Lezione | X | |||
Lettura | X | |||
Discussione | X | X | X | |
Incident | X | X | ||
Caso | X | X | ||
Simulazione | X | |||
In-Basket | X | |||
Role-play | X | X | ||
Esercitazione | X | |||
T-group | X | |||
Gruppo di studio | X | |||
Lavoro di progetto | X | |||
Autocaso | X | |||
Outdoor development | X | |||
Outward bound | X | |||
Learning community | X | |||
Autonomy laboratory | X | |||
Action learning | X | |||
Joint dev. activities | X | |||
Metodi riflessivi | X | X |