Il Compito dell’Assistente Sociale nella Cooperazione Decentrata
All’interno della cooperazione decentrata, si presentano delle prospettive di azione per la categoria professionale degli assistenti sociali: professionisti che agiscono dal basso e per il basso. L’approfondimento teorico e pratico di questo campo mi ha fatto intuire come molti concetti della cooperazione allo sviluppo, e in particolare di quella decentrata, collimino con quelli del servizio sociale. Dall’inquadramento storico delle teorie che hanno contraddistinto l’evoluzione della cooperazione internazionale allo sviluppo, infatti, si può leggere come i principi che l’hanno caratterizzata nel tempo, tra cui il valore di umanità dell’uomo e il principio dell’autodeterminazione abbiano assunto sempre più importanza, combacino pienamente con i fondamenti del servizio sociale.
Altre similitudini si sono rilevate nell’analisi delle modalità di intervento. Alle soglie del Terzo Millennio l’assistente sociale si configura anche come un previsore sociale, ossia come colui che, sulla base delle sue conoscenze, esperienze e competenze, in ottica preventiva, favorisce le attività di programmazione e di gestione dei servizi, orientamento e implementazione delle politiche sociali. Lo scopo principale dovrebbe essere quello di far diventare il sistema dei servizi idoneo a moltiplicare le capacità produttive della stessa collettività: il cittadino di oggi sarà il manager di domani.
Proprio durante lo studio della cooperazione decentrata si è rilevato, grazie ai colloqui con alcuni esperti nell’ambito e alcuni assistenti sociali ivi operanti, che questa figura sta assumendo importanza in tale settore. Va ricordato che la cooperazione allo sviluppo, per quanto sia nata cinquant’anni or sono, ha visto la sua applicazione incentrata sul riconoscimento sostanziale dei diritti umani solo di recente; pertanto, non è stata ancora perfettamente definita. Infatti, molto spesso l’assistente sociale vi lavora, ma non compare distintamente nell’organico delle ONG, perché compresa in categorie più ampie in cui non sono ancora ben delineate i ruoli professionali coinvolti. Il servizio sociale, secondo il prof. Pierpaolo Bravin5, può dare un apporto alla cooperazione allo sviluppo solo se non inteso in senso totalizzante, cioè l’operatore sociale si deve considerare parte di un gruppo di operatori con competenze diverse.
Troppe volte le diverse figure professionali, operanti nel sociale, si confondono o non collaborano tra loro non consentendo un’adeguata differenziazione funzionale. Assistenti sociali, psicologi, educatori, volontari, possono integrarsi per realizzare lo sviluppo, in quanto forniscono sostegno alla comunità e attivano degli interventi a favore di quest’ultima. Affinché il processo di aiuto si verifichi nel miglior modo possibile è necessario che tra le varie professioni non vi sia sovrapposizione di ruoli. Lavorando congiuntamente, rispettando i rispettivi compiti e non invadendo il campo d’azione si può garantire l’ottimizzazione del processo di aiuto. L’instaurazione di rapporti armonici fra professionisti e operatori non professionali, rappresenta un momento di integrazione e parte integrante degli interventi multidisciplinari, proprio del servizio sociale e questo risulta anche essenziale nella cooperazione decentrata per poter raggiungere l’obiettivo principe di suscitare la responsabilità del beneficiario.
La figura dell’assistente sociale in questo settore è prevista sia per l’implementazione del progetto, mediante l’intervento di aiuto-sostegno alla persona, al gruppo o alla comunità, sia per l’assunzione di compiti di coordinamento e di gestione delle risorse, sicché una dimensione di sintesi delle competenze professionali non può prescindere dall’acquisizione di competenze progettuali e comunitarie. Gli assistenti sociali possono dare un notevole contributo basato sulla conoscenza, sulle capacità e sui valori fondamentali. L’assistenza internazionale consiste essenzialmente nella collaborazione con i soci locali e nazionali nel compito di consultazione, sostegno, formazione e valutazione.
Nel contempo si costruisce sulle forze e sulle capacità di recupero dei singoli, delle famiglie e delle comunità locali. Il servizio sociale, infatti, mira ad accrescere l’empowerment delle comunità nel processo decisionale attraverso tutte le fasi del progetto, nel sostegno e nell’intervento.
Da sempre l’intervento dell’operatore sociale si è mosso valorizzando e puntando sulle positività (risorse) esistenti. Infatti, non si tratta di attivare le risorse a sostegno di chi esprime un bisogno in una razionalità che tiene separati i due soggetti, ma si deve concepire una realtà in cui il bisogno o la risposta ad esso sia sempre reciprocamente affrontato mettendo in azione quello che uno è o può dare.
La lettura sincronica sia dei principi che delle metodologie applicate rispettivamente nel servizio sociale e nella cooperazione decentrata hanno confermato l’ipotesi di iniziare a considerare il ruolo dell’assistente sociale conforme alle capacità professionali di cui questo nuovo ambito necessita.
Si vuole concludere con una citazione di Èmile Durkheim nel suo elaborato Forme elementari:
«La società ideale non è al di fuori della società reale; essa ne fa parte. Infatti una società non è costituita semplicemente dall’insieme degli individui che la compongono, dal terreno che essi occupano, dalle cose di cui si servono, dai movimenti che compiono, ma è costituita in primo luogo dall’idea che essa si forma di sé».
NOTA: Il presente contenuto è la sintesi della tesi di laurea dell’autrice discussa presso il Corso di Laurea in Servizio Sociale (CLaSS) dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza" nell’Aprile 2006.