Origini del volontariato: aspetti generali
Il termine "volontariato", nella sua accezione moderna, designa propriamente interventi di aiuto e di solidarietà, (intendendo per solidarietà il mettere in atto un comportamento di tipo cooperativo nel quale il legame e particolarmente stretto, al punto che i vari soggetti che entrano in rapporto tra di loro sono per certi versi interscambiabili.) compiuti da un gruppo o da una associazione, non da individui singoli. Il suo sviluppo storico è avvenuto attraverso il superamento delle forme di solidarietà fondate su legami privati (parentela, vicinato), per aprirsi verso un intervento più allargato e mosso da motivazioni sociali o religiose d’ordine generale.
L’associazione o il gruppo costituiscono il luogo di coagulo e di riconoscimento di questo tipo di motivazioni, e consentono che l’intervento raggiunga una dimensione ed una efficacia che nessuna iniziativa individuale può pensare di avere. Non va inoltre dimenticato che, solo da quando si è costituita in forma organizzativa, l’azione volontaria diviene una componente autonoma del tessuto sociale, e può essere più agevolmente isolata rispetto ad altre forme di solidarietà (di tipo comunitario o altro).
Il volontariato può quindi essere definito, nella sua configurazione moderna, come una forma d’azione collettiva finalizzata alla realizzazione di servizi altruistici o solidaristici, in quanto tale, costituisce un oggetto sociologico riconducibile entro l’ampia classe dei fenomeni associativi non istituzionali, fin ora denominati indistintamente, e secondo alcuni, ormai impropriamente, come "movimenti".
Storicamente le modalità attraverso cui viene attuata in forma organizzata l’azione volontaria sono due:
- attraverso il mutuo soccorso, la collaborazione tra persone che hanno in comune lo stesso problema;
- oppure attraverso l’atto altruistico di alcuni individui che procurano ad altri individui, generalmente di condizioni sociali più svantaggiate, i servizi di cui hanno bisogno.
Con il termine volontariato quindi ci si riferisce ad associazioni costituite per libera volontà degli aderenti, la cui partecipazione è prevalentemente gratuita, in altre parole non da diritto a nessuna forma di controprestazione economica, il cui scopo primario è la produzione di servizi a caratteri sociali, rivolti a persone esterne alla associazione stessa. Quest’ultimo aspetto è quello che qualifica le associazioni di volontariato; il servizio attuato, perché corrisponda alla natura altruistica della associazione, deve essere di pubblica utilità e cioè rivolto al di fuori dell’aria dei membri e dei loro legami privati o individuali e deve investire bisogni che in generale si ritiene richiedano un intervento da parte della società.
La gratuità della partecipazione non va definita sulla base della forma giuridica o degli obbiettivi generali dell’associazione, quanto sulla base delle regole che stabiliscono le condizioni della partecipazione volontaria: Si possono stabilire due criteri discriminanti:
- l’inesistenza di un vincolo contrattuale per l’impegno
- l’esistenza di una regola di non distribuzione ai membri degli eventuali proventi dell’associazione: il primo criterio esclude dal campo le organizzazioni no-profit fondate su basi professionali (come le cooperative); il secondo esclude i gruppi mutualistici e di self-help.
- Introduzione
- Contesto storico di riferimento
- Nascita e sviluppo dello "Stato del benessere"
- La tradizione volontaria
- Il volontariato: una nuova area culturale
- Il terzo settore
- La Composizione del Terzo settore in Italia: Tipologia delle organizzazioni.
- Il confronto
- Spunti di riflessione
- Bibliografia