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Il terzo settore

Numerose sono le terminologie in uso nel contesto scientifico-culturale italiano che si propongono di indicare le organizzazioni del terzo settore oltre che di dare una definizione, "ultima" a tale fenomeno, le più utilizzate sono riconducibili alle seguenti:

Il termine "Terzo settore" fa la sua comparsa nel dibattito scientifico italiano in un’epoca relativamente tarda (verso la fine degli anni ottanta) e sempre comunque sulla scorta di scambi teorici-epistemologici con la comunità scientifica internazionale . Non è cioè un’accezione cioè che appartiene al nostro contesto culturale, anche se di recente pare aver convogliato su di sé l’insieme di studiosi e ricercatori che nel nostro paese si occupano di organizzazioni no profit, volontarie, solidaristiche. Tra gli esponenti di rilievo di questo modo di rappresentare l’insieme di relazioni e scambi simbolici ed economici che avvengono aldilà delle sfere dello Stato e del mercato si ricorda Cesareo in sociologia e Ranci in economia. Entrambi utilizzano la dicitura terzo settore per indicare pratiche e soggetti organizzativi di natura privata ma volti alla produzione e allocazione di beni e servizi a valenza pubblica o collettiva. L’approccio sociologico sottolinea la valenza espressiva e l’orientamento altruistico di tali relazioni che implicano sempre un coinvolgimento personale degli attori. L’approccio economico mette in luce il valore di tali attività in termini di partecipazione alla determinazione del benessere collettivo, la cui distinzione - guida nei confronti del settore di mercato è data dal fatto di essere senza fini di lucro (o profitto).

Molti autori definiscono il terzo settore come prodotto della crisi del Welfare State oppure come espressione dei limiti, carenze e patologie del mercato. Chi usa solo queste prospettive, così da definire il terzo settore in negativo o per esclusione (ossia come ciò che non è né stato né mercato), vede solo un lato e per altro alquanto falsato della realtà. Il terzo settore dovrebbe essere visto in una prospettiva storica più ampia quale prodotto della crisi del progetto illuministico moderno che ha cercato di edificare una società tutta centrata sull’asse individuo – stato, con la messa ai margini, delle formazioni sociali intermedie tra l’uno e l’altro.

In tal caso, il terzo settore verrebbe letto, in una chiave meno contingente e più positiva come emergenza di ciò che il moderno ha rimosso nelle dinamiche sociali per oltre due secoli. In una prospettiva sociologica il terzo settore esprime l’emergenza della relazionalità sociale prima che questa diventi valore di scambio (nel mercato) e/o oggetto di relazione politica nello stato. Per vedere questo genere di realtà occorre assumere che il terzo settore corrisponda all’esigenza di un "terzo punto di vista" nelle relazioni sociali diverso da quello individuale (liberistico) e da quello olistico (statale), che si colloca nella relazione sociale come tale. Il terzo settore non è "un di più" rispetto alla società, ma una realtà intrinseca "alla società" proprio perché corrisponde al punto di vista della sua relazionalità (non a quella di singoli individui o di entità sistemiche come lo stato) cosa di cui nelle prospettive individualistiche non riescono a dar conto.

In altri termini, il terzo settore viene interpretato come un modo di essere positivo e prepositivo della società e come forma sociale emergente che nasce dall’esigenza di diversificare le risposte a specifici bisogni sociali che seguono dinamiche di scomposizione e moltiplicazione e che chiedono sempre nuovi relazionamenti. In breve: terzo settore deve essere compreso e spiegato come il prodotto della differenziazione societaria in condizione di crescente complessità sociale. La società assume così l’immagine di un sistema composto di quattro sottosistemi o polarità: economia (mercato), istituzioni politico-amministrative (stato e sue articolazioni), terzo settore (organizzazioni di solidarietà sociale), settore informale (famiglia, parentela, vicinato, reti amicali); possiamo, allora, dire che il terzo settore e l’elemento caratterizzante della "società relazionale".

Le soggettività del terzo settore, quando non siano arretrate, si connotano di un tipico senso di "civismo post moderno", ossia per il fatto di essere portatrici di una cittadinanza di uno stato sociale moderno, ma di un sistema societario che si rifà da un lato a processi e valori globalizzanti e dall’altro a realtà multiculturali e multietniche radicate nel territorio.

All’interno di queste connotazioni generali ogni soggetto di terzo settore può essere analizzato per il modo in cui definisce e combina quattro requisiti fondamentali (AGIL), la cui presenza simultanea costituisce la "forma comune" di ogni organizzazione di terzo settore (cfr. FIG.1.1, Donati, 2002), cioè:


Indice
A cura di:
Marta Caligiuri
Creation date : 2007-05-06 - Last updated : 2010-03-10

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