L’associazionismo
Per lungo tempo il fenomeno associativo nel nostro paese è stato regolato dal Codice Civile, che dedica l’intero Titolo II, delle persone giuridiche, del libro I, delle persone e della famiglia, alla regolamentazione delle fondazioni, delle associazioni e dei comitati (art. 14-42).
Per una legge specifica sull’associazionismo di promozione sociale si è dovuto attendere oltre mezzo secolo dalla Costituzione repubblicana, infatti la legge n.383, "Disciplina delle associazioni di promozione sociale", è del 2000. Questa normativa porta a un compimento, un cammino legislativo di regolamentazione dei soggetti del terzo settore nel nostro paese, apertosi circa dieci anni prima con la promulgazione delle leggi sul volontariato (L. n.266/91) e sulle cooperative sociali (L. n.381/1991). La presente normativa inserisce nel secondo articolo le Associazioni di promozione sociale, tale articolo costituisce uno degli elementi cardine dell’intero complesso normativo, in quanto stabilisce in modo chiaro quali siano i soggetti inclusi nella definizione "Associazionismo di promozione sociale".
Sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine dei svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto delle libertà e dignità.
Invece, non sono considerate associazioni di promozione sociali ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva degli interessi economici degli associati.
Non sono considerate associazioni di promozione sociale, inoltre, [...] i circoli privati e le associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione alla ammissione degli associati [...].
Secondo il contesto giuridico Italiano per "Associazione" s’intende l’universo delle forme associative, di privato sociale o di terzo settore entro il quale si ha poi la differenziazione di forme associative e/o organizzative diverse, quali le cooperative, i gruppi di volontariato, le fondazioni e altre.
E’ necessario definire cosa se intenda per "associazione sociale" in senso stretto, cioè nel senso di una specifica forma associativa che sta accanto agli altri, ad esempio alle organizzazioni di volontariato, come soggetto collocato sullo stesso livello gerarchico di una classificazione delle associazioni di terzo settore.
Dobbiamo allora arrivare a distinguere l’associazione sociale in quanto si differenzia dagli altri soggetti e forme organizzative di privato sociale per le finalità, i campi e le modalità di intervento e la cultura associativa; parlare di una categoria di associazione sociale differenziata all’interno del terzo settore, non come genus, che ha, all’interno, il volontariato come species, ma sullo stesso livello di generalità tassonomica, significa scommettere sul fatto che le associazioni sociali esprimano un modo di essere relazionale degli attori, che è specifico ed indica l’associazione di quel genere come la stato di un sistema relazionale.
Una prima e fondamentale distinzione orientativa è la seguente: nell’ambito del campo già delimitato del terzo settore, le associazioni sociali consistono in un "accomunamento" d’individui che si associano per riattivare un sistema di azioni collettive volte a perseguire beni relazionali comuni ai membri ed eventualmente a terzi.
Ciò è stato espresso e sistematizzato attraverso una tipologia che incrocia tipi di servizi e destinatari dei servizi stessi, come dimostra la tabella, che consente:
- di comprendere che la distinzione chiave dell’associazione chiave è quella rispetto al volontariato;
- affermando che le associazioni sociali sono forme associative che vogliono operare soprattutto su se stesse e non su un codice immediatamente e formalmente altruistico, riproducendo altresì beni anche per l’intera società, grazie a un determinato modo di associarsi.
Associazioni sociali | Associazioni di volontariato | |
Il terzo | -è uomo o "cosa"; -terzo interno (precedenti relazioni stabili) |
-è sempre un uomo; terzo esterno (da raggiungere) |
L’origine | Non necessariamente problemi/patologie sociali | Problemi/patologie sociali |
Il codice | Comunanza | Altruismo |
Il futuro | Stabilità o sviluppo della forma, apertura a ulteriori fini | Staticità o esaurimento della forma, tendenziale stabilità dei fini |
Lo schema della tabella (Donati, 2002: pg.12) ci suggerisce una distinzione importante tra associazioni sociali e gruppi/organizzazioni di volontariato fondata su 4 dimensioni.
La dimensione del "terzo" rimanda all’idea che la solidarietà interna a un’associazione possa essere analizzata come struttura triadica ossia come caratterizzata dalla comune posizione dei singoli associati di fronte ad un’istanza terza, generalmente intesa. Per quanto riguarda le associazioni sociali, Donati suggerisce che il "terzo" possa essere un uomo o una "cosa", in senso molto generale un’associazione, una qualità della vita e /o delle relazioni ecc.
Se si tratta di un uomo la persona in questione è un "terzo interno"- con cui cioè preesistevano relazioni stabili e che era percepito già precedentemente come facente parte di "un noi".
Ad esempio se dei genitori si associano per fondare scuole speciali per i propri figli, questi, anche se portatori di handicap, sono concepiti e trattati in quanto figli e "famigliari", e non come "pazienti", utenti, cittadini o altro.
L’associazione sociale, poi, nasce non necessariamente su un problema o deficit sociale; intendiamo qui il termine "problema sociale" in senso tecnico, come deficit, patologia sociale e /o devianza e non in senso generico.
Ciò che qui si sottolinea è, invece, che l’associazione sociale non nasce necessariamente per supplire a un deficit o ad una patologia sociale, ma dalla considerazione della comunanza di obbiettivi e valori rispetto a un qualche bene che si ritiene possa essere conseguito associandosi, magari anche come "miglioramento" dell’ambiente o di uno degli ambienti in cui si proietta la vita degli individui; che si tratti di risolvere una patologia o un caso tra gli altri.
Il volontariato, nasce al contrario, su un problema o deficit sociale; il terzo è sempre un uomo, con cui non ci sono precedenti relazioni stabili e "normali" è un "terzo" da raggiungere, variamente costruito dall’ideologia associativa: è importante precisare che questa diversa "distanza" non implica maggiore "lontananza", "freddezza", estraneità ed altro; il terzo esterno può anche essere visto come un "fratello", con cui la reciprocità, secondo il codice dell’altruismo" tende a divenire generalizzata, il che non impedisce che l’alter possa al tempo stesso possa rimanere "anonimo", e questo proprio secondo una certa cultura della "perfetta carità".
Il "codice", rispettivamente di comunanza e altruismo, è ciò che delimita, traccia i confini della gamma di figure dell’alter ( nel senso di costruzioni culturali) compatibili con la logica delle forme associative in questione.
Infine, interessante è porre la questione del futuro nel senso del destino implicito nella logica interna delle due forme associative in rapporto alla variabile tempo.
- Introduzione
- Contesto storico di riferimento
- Nascita e sviluppo dello "Stato del benessere"
- La tradizione volontaria
- Il volontariato: una nuova area culturale
- Il terzo settore
- La Composizione del Terzo settore in Italia: Tipologia delle organizzazioni.
- Il confronto
- Spunti di riflessione
- Bibliografia