La cooperazione sociale
E’ la legge n.381/1991 che regola le cooperative sociali. Tale legge permette di distinguere nel settore cooperativo una forma cooperativa specifica con finalità solidaristiche anziché mutualistiche, inoltre viene riconosciuta a tali soggetti, da quel momento in poi, di iscriversi all’albo delle cooperative. A quelle organizzazioni che "hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione dei cittadini" (art. 1).
L’interesse generale della comunità viene perseguito attraverso:
- "la gestione dei servi sociosanitari ed educativi;
- lo svolgimento di attività diverse: agricole, industriali, commerciali e di servizi, finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate".
Art 1. Ne scaturiscono 2 tipi di cooperative sociali:
quelle cosiddette di tipo a) - che si occupano dei servizi socio- assistenziali ed educativi e quelle di tipo b)- che svolgono attività produttive diverse con la finalità di inserire al lavoro persone appartenenti a categorie svantaggiate.
Questo secondo tipo di cooperativa ha vantaggi dal punto di vista previdenziale perché non paga i contributi per tutti i lavoratori appartenenti a categorie svantaggiate, questi ultimi devono però essere presenti nella cooperativa con un tasso superiore al 30% della forza lavoro impiegata.
Inoltre sia le cooperative di tipo a che le cooperative di tipo b possono avvalersi del contributo di soci-volontari, in altre parole di personale che presta spontaneamente e gratuitamente il suo lavoro. Questi ultimi non possono però superare la quota del 50% dei soci della cooperativa.
In un contesto nel quale la cooperazione e il suo principio organizzativo della mutualità vengono riconosciute come strumenti promotori di socialità (art.45 della Costituzione), la legge n.81/1991 apporta diversi contributi concettuali innovativi in primo luogo comporta un’innovazione nella definizione del concetto di cooperativa, attraverso il superamento del principio della mutualità: non si limita più lo scopo della cooperativa al perseguimento mutualistico degli interessi dei soci, ma si riconosce legittimità al perseguimento da parte di un ente non pubblico di "interessi generali", operando un passaggio dalla mutualità alla solidarietà. Interessante è anche il riferimento all’interesse generale della comunità; non si tratta solo dunque degli interessi dei non soci della cooperative ma dell’interesse dell’intera comunità che dovrebbe rappresentare l’ambito primario dell’azione delle cooperative.
Uno dei punti critici di questa legge che evitando di porre il vincolo di non distribuzione degli utili ha conservato un’idea tipica della cooperazione ma ha generato un soggetto di terzo settore ibrido che non ha mancato di porre difficoltà e confusioni anche nelle normative susseguenti sul terzo settore. Come nel caso del decreto del n.460/97, che ha dichiarato di diritto le cooperative sociali ONLUS generando così un ibrido una Onlus con facoltà di distribuire profitti.
Dopo più di dieci anni di applicazione della legge n.381/91, il fenomeno delle cooperative sociali ha avuto un notevole successo dimensionale; è aumentato notevolmente il numero delle cooperative così come il numero complessivo di soci. Ma soprattutto in larga parte del nostro paese la cooperazione sociale è divenuta il principale interlocutore delle pubbliche amministrazioni per l’esternalizzazione dei servizi di cura.
E’ anche un soggetto politico di un certo rilievo nel dibattito sullo stato sociale contemporaneo così come si propone quale fattore credibile di progettazione e d’innovazione di servizi di Welfare Italiano.
- Introduzione
- Contesto storico di riferimento
- Nascita e sviluppo dello "Stato del benessere"
- La tradizione volontaria
- Il volontariato: una nuova area culturale
- Il terzo settore
- La Composizione del Terzo settore in Italia: Tipologia delle organizzazioni.
- Il confronto
- Spunti di riflessione
- Bibliografia