Il volontariato come dono: Reciprocità
"Se fosse possibile, basterebbe misurare l’importanza dei doni in una società per conoscerne il grado di libertà, e questo sia a livello microsociale sia a livello macrosociale. Ogni dono è un gesto che amplia lo spazio di libertà dei membri di una società."
(Godbout, 1992)
L’insoddisfacente risposta dell’economia sociale alla questione della natura del volontariato, mi ha condotto a chiedermi quale sorta di scambio sociale esiste al suo interno.
Il volontariato si è mosso, sebbene non sempre, con la consapevolezza di essere un insieme di forze della società civile radunatesi con l’intenzione di investire quella stessa società di nuove idee e valori. E’ necessario chiarire come il concetto di volontariato possa essere legato a quello del dono, dell’accettazione e della reciprocità che costituiscono oggi, elementi fondamentali del nostro tessuto sociale.
Il filosofo francese Alain Caillé sostiene il ruolo fondamentale del dono per "costruire società". L’autore riprende il pensiero di Marcel Mauss secondo il quale in tutte le società selvagge la regola sociale fondamentale non è il mercato, ma il dono, che implica il triplice obbligo di dare, ricevere e restituire. Il dono per M. Mauss non è né amore né carità, che vengono solo dopo, con le grandi religioni universali. Il dono è il modo per eccellenza per costituire rapporti sociali. In esso la dimensione della libertà e quella dell’obbligo sono inestricabilmente connesse, come lo sono interesse e disinteresse.
Associazionismo, volontariato creano una socialità che non è né quella pubblica né quella privata: è piuttosto "una socialità primaria pubblica". (Rivista il "Volontariato" n.11/99)
Oggi si vede la società soprattutto come un insieme d’individui, il volontariato, invece, crea una società non d’individui, ma di famiglie, di gruppi, di associazioni, eccetera. È il dono che fabbrica questo legame tra clan.
Il dono, per sua natura, provoca sempre l’attivazione del rapporto di collaborazione sociale per eccellenza, ossia quello di reciprocità. Come afferma anche il teologo Romano Guardini che la persona umana non può comprendersi come chiusa in sé stessa, perché essa esiste nella forma di una relazione. Seppure la persona non nasca dall’incontro, è certo che si attua solo nell’incontro. Come a dire che l’essere umano si scopre nel rapporto interpersonale e dunque, che il suo bisogno fondamentale è quello di reciprocità. Ma cosa genera e alimenta la reciprocità? Due sono le fonti principali: il dono e lo scambio di equivalenti, cioè il contratto.
Nella reciprocità che nasce dal dono, l’apertura all’altro (un’apertura che può assumere le forme più varie, dall’aiuto materiale a quello spirituale) determina una modifica dell’io, ritrovandosi arricchiti per l’incontro avvenuto. Non così invece nella reciprocità che nasce dal contratto, il cui principio fondante è piuttosto la perfetta simmetria tra ciò che si dà e ciò che si può pretendere di ottenere in cambio. Tanto è vero che è a causa di tale proprietà che la forza della legge può sempre intervenire per dare esecutorietà alle obbligazioni nate per via contrattuale.
La differenza tra dono (e controdono) e scambio di equivalenti sta proprio nell’assenza del contratto, cioè nell’assenza di garanzia a favore del donatore. E’ quest’assenza che, presupponendo grande fiducia nell’altro, è capace di generare legami di fiducia nella società.
Ebbene, l’identità propria dell’azione volontaria quale vediamo all’opera nelle organizzazioni di volontariato è nel dono che genera reciprocità. L’uscita dell’io verso un tu di cui sempre si ha bisogno, è allora ciò che definisce la gratuità dell’azione volontaria. Ecco perché non è vero che uno riceve ciò che dona.
Al contrario, si è capaci di donare solamente se si è fatta una qualche esperienza di ricevimento. Perché, come la scuola del Mauss, è una concezione del dono tipica dell’era premoderna che però continua ancora a sussistere, secondo cui il dono va ricondotto sempre a una soggiacente struttura di scambio, è questa la concezione del dono come munus, (mano) come strumento per impegnare l’altro.
Infine per Godbout (Godbout, 1992, pp.86-103), il volontariato sarebbe una delle forme in cui si manifesta quel fatto totale, che è la società dei rapporti interpersonali. Il volontariato è definito come "dono moderno" nel senso che scavalca l’abisso tra il comunitario delle reti primarie e la socialità e permette l’attualità del dono preservando i singoli e la loro libertà dalle costrizioni comunitarie.
- Introduzione
- Contesto storico di riferimento
- Nascita e sviluppo dello "Stato del benessere"
- La tradizione volontaria
- Il volontariato: una nuova area culturale
- Il terzo settore
- La Composizione del Terzo settore in Italia: Tipologia delle organizzazioni.
- Il confronto
- Spunti di riflessione
- Bibliografia