Per un servizio sociale trasformativo: approccio dell’agency e narrazione
L’oggetto del servizio sociale prima parte
Quanto scritto si evince sia dalla letteratura scientifica e professionale, sia dalla ricerca sul campo; riporto in questa sede alcune evidenze nel merito della riflessione rintracciabile nella letteratura14: per esempio Fasolo in un suo scritto evidenzia la circolarità tra azione personale, accesso alle risorse e intervento sociale, e tra risorse e diritti, senza per altro definirne gli aspetti specifici:
[...] nell’ambito di tali funzioni il «quadro ideologico di riferimento» era quello di agire per compensare gli squilibri del sistema, sia favorendo l’uso e lo sviluppo delle risorse assistenziali necessarie, sia aiutando le strutture e gli individui a comprendere e fare propri gli ideali di giustizia e dignità personale cui si ispiravano come cittadini parecchi fra i promotori del servizio sociale (Fasolo 1972, 20-22);
la descrizione processuale non fornisce una chiara formalizzazione che permetta di trasferire modelli e definizioni, ma produce una mera interpretazione personale. La difficoltà di pervenire a una definizione distinta, precisa e semplice del ruolo dell’assistente sociale a partire dall’oggetto del suo lavoro è condivisa da Florea che lo considera
[...] come qualcosa di nuovo rispetto a scienze e professioni che si prendono come punto di riferimento e paragone, difficile da definire poiché oggetto del suo interesse è l’essere umano in una visione unitaria dei diversi aspetti caratterizzanti la sua individualità insieme con il sistema di relazioni che egli stabilisce con gli altri individui e con le strutture e le istituzioni sociali (Florea 1965, 5)15
Scrivere che l’oggetto dell’intervento è "l’essere umano", sia pure esso collocato nella propria rete relazionale, appare insufficiente alla riflessione tanto da permettere una chiara e decisa collocazione nel ruolo. Altri punti di vista critici considerano il ruolo sociale giocato dal servizio sociale nella relazione tra persona (e in particolare i suoi "bisogni") e il contesto, rappresentandolo tramite l’allegoria della
[...] rammendatrice delle sfilacciature più vistose e irritanti del sistema capitalistico, ma una rammendatrice con scarso potere, dato che la sua arma principale è soprattutto il dialogo con gli assistiti (Mulazzini et Al. 1971, 65)16.
La figura retorica della «rammendatrice» sfugge il problema della definizione dell’oggetto, in quanto propone una mera critica ad un supposto ruolo sociale dell’assistente sociale; tuttavia Mulazzini esplicita un aspetto cruciale, che riprenderò più avanti, che mi induce a pensare che la consapevolezza pratica - che per altro ho incontrato nelle mie ricerche da parte dei professionisti intervistati - non si sia congiunta con una piena consapevolezza narrativa (Giddens 1994): la dimensione dialogica descritta dall’autore è densa di conseguenze pratiche e teoriche, purtroppo non sviluppate e lasciate in nuce. La definizione che segue ha molti pregi metodologici, ma sfugge anch’essa alla questione nello scrivere di
[...] una funzione che si può definire di "anello di congiunzione" tra gli utenti, in quanto soggetti che esprimono un bisogno, e la comunità e le istituzioni, come ambiti deputati a fornire una risposta (Campanini 1999, 23).
Più di recente Costanza Marzotto (2002) nella sua introduzione a un libro collettaneo pone gli interrogativi a cui il testo intende rispondere, rilevando come il dibattito e la ricerca si siano focalizzati su aspetti modali e spesso su metodi importati da altre discipline e da altri domini, trascurando l’approfondimento su quanto di specifico appartiene al servizio sociale:
Fino a oggi abbiamo potuto usufruire della descrizione dei modelli d’intervento di servizio sociale (sistemico, psicoanalitico, esistenziale, ecologico, centrato sul compito, comportamentista, psicosociale, funzionale etc.) ma è giunto il momento di riflettere sui saperi pratici propri dell’assistente sociale per ricollocare la posizione del soggetto e per riconoscerne le azioni ricorrenti che ne definiscono l’identità.
In particolare il presente volume prende le mosse da alcuni interrogativi specifici ai quali vorremmo cercare di dare alcune iniziali risposte e che potremmo così formulare:
- Qual’è la posizione del soggetto che conosce e interviene?
- Come avviene il processo di conoscenza nel servizio sociale?
- Come si colloca il servizio sociale nel panorama delle scienze che conoscono per intervenire?
- Cosa si conosce? Qual è l’oggetto specifico del servizio sociale?
- Quali sono le condizioni peculiari della posizione del soggetto «destinatario» dell’intervento?
- Cosa caratterizza il metodo di intervento dell’assistente sociale?
[...] Lo sforzo avviato nel 1991 dopo il Convegno di Trieste, documentato nell’importante volume a cura di Silvana Giraldo ed Edda Riefolo (1996)17 ha ben evidenziato che non è a livello dell’individuazione dei modelli (spesso debitori ad altre teorie) che merita alimentare il dibattito, bensì a livello della «costruzione di una teoria del servizio sociale», allo scopo di evidenziarne le peculiarità e «verificarne la congruenza con gli obiettivi e i valori della professione» (Marzotto 2002, 15-16).
Tuttavia il bersaglio è ancora una volta eluso: l’autrice raccoglie nel testo quanto di meglio si è prodotto circa la natura relazionale del servizio sociale; d’altra parte, sia pure con un’interrogazione retorica, sfugge all’identificazione dell’oggetto, indicando al suo posto ora aspetti metodologici (la presa in carico, la formulazione della domanda e la sua decodifica), ora un ambito tanto generale da rischiare di diventare generico: molte sono le discipline e le professioni che agiscono nello spazio «virtuale» proposto e tutto sommato nelle «relazioni umane in quanto tali»18:
All’inizio della nostra ricerca avevamo ben chiaro che al servizio sociale competono due oggetti: «la formulazione della domanda» da parte di molteplici soggetti singoli o comunitari quali ad esempio persone in difficoltà, famiglie isolate, gruppi devianti, associazioni per il mutuo aiuto, o altro e «la presa in carico»... Oggi possiamo aggiungere che l’oggetto peculiare del servizio sociale sono le relazioni, i nessi, i legami tra le persone, tra i componenti di un organismo, tra i gruppi, cioè potremmo definirlo un oggetto «virtuale» riconducibile allo spazio tra... Ancora: il suo oggetto è il bisogno (o meglio la persona in condizione di bisogno) o sono le relazioni umane in quanto tali? (Marzotto 2002, 17).
Per un servizio sociale trasformativo
- Introduzione
- L'idea di azione in Hannah Arendt
- Le "capabilities" secondo A. Sen e M. Nussbaum prima parte
- Le "capabilities" secondo A. Sen e M. Nussbaum seconda parte
- Unitarietà del soggetto e consapevolezza, ovvero dell'ambiguità del soggetto
- Consapevolezza e «modernità liquida»: la forma dell'acqua
- Verso un servizio sociale trasformativo
- L'oggetto del servizio sociale prima parte
- L'oggetto del servizio sociale seconda parte
- La necessità di uno scarto paradigmatico: l'approccio discorsivo
- Un modello per la pratica
- I vantaggi derivanti
- Conclusioni
- Bibliografia
- Note di testo