Per un servizio sociale trasformativo: approccio dell’agency e narrazione
La necessità di uno scarto paradigmatico: l’approccio discorsivo
Per rispondere a queste due domande cruciali in modo soddisfacente e che permetta una ricaduta sull’operatività è necessario innanzitutto produrre un "scarto" paradigmatico. È necessario distogliersi dal modello clinico (mutuato dalle così dette "professioni forti"), che ancorché improprio e non efficace nel servizio sociale - e tanto più quanto questo si distolga dal modello centrato sui bisogni e si orienta all’agency - è spesso adottato per fronteggiare l’assenza di formalizzazioni congruenti. Si tratta di produrre una svolta linguistica (rhetorical turn) distogliendosi dal paradigma meccanicista (causa-effetto/legame empirico-fattuale) proprio del modello clinico, con il suo sguardo retrospettivo legato al processo metodologico della anamnesi, diagnosi, terapia, prognosi e monitoraggio, per collocarsi francamente nel paradigma dialogico-discorsivo (produzione di discorsi/legame retorico-argomentativo/modello narrativistico). Si tratta di assumere in modo netto il presupposto che abbiamo a che fare non con "fatti", ma con narrazioni costruttive di questi22, con dichiarazioni discorsive di intenzioni e di giustificazioni dell’azione, ovvero con persone che sono innanzitutto attori sociali, ovvero competenti per l’azione. Abbiamo a che fare non con "disagi", "bisogni", "risorse" oggettivamente date, quasi che si trattasse di "enti" nell’ambito di un realismo ontologico, bensì con costruzioni discorsive nell’ambito di un realismo concettuale, che generano azioni intese a «dare origine a qualcosa di nuovo» (Arendt 1998). Già W. I. Thomas aveva riassunto la particolarità delle scienze sociali, con il suo teorema per il quale
«Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze» (in Merton 1968, 765-766).
I repertori comportamentali sono generati dai resoconti che la persona si è venuta costruendo relativamente alla data situazione in cui si ritrova ad agire (definizione della situazione). Ne consegue che per la comprensione dell’agire sociale e per il suo cambiamento - più che la conoscenza dei «dati reali» di una situazione - è di importanza cruciale la conoscenza delle «credenze» e delle «convinzioni» (teorie personali) in base alle quali un certo aspetto viene ritenuto reale dagli individui presenti nella situazione medesima:
«Spesso in questo strano lavoro, è il sapere dell’altro che ci mette in grado di aiutarlo, scoprendo, grazie a loro, altre configurazioni dell’esistenza» (Salvini 2006, 9).
Sono tali rappresentazioni discorsive a generare gli atteggiamenti e le azioni, ovvero il processo attraverso cui viene costruito il «senso comune»; il professionista è competente proprio in quanto è esperto circa il processo di costruzione del «senso comune». L’intervento professionale quindi si colloca proprio in quel paradigma dialogico-discorsivo di cui scriveva Mulazzini («...la sua arma principale è soprattutto il dialogo con gli assistiti») che costituisce la natura specifica delle pratiche di servizio sociale e dei servizi in cui esso opera: in essi si scambiano non oggetti, denaro o altro ma costruzioni di senso attraverso pratiche discorsive. L’attenzione alle teorie personali che gli utenti portano nel rapporto di consulenza sostanzia quanto scrive Folgheraiter che definisce il lavoro sociale come una iper-professione (1998), ovvero una professione che per essere efficace e rispondere alla sua mission deve coniugare competenze esperte del professionista con quelle esperienziali degli utenti, originando una sorta di "reciprocità cognitiva" (Colaianni 2004) che ridefinisce la asimmetria propria della relazione di aiuto verso una comune esplorazione in cui utente e operatore sono isomorfi almeno per un aspetto: entrambi non sanno un gran che di quanto l’evento inedito ha originato e di quale sia l’azione efficace da generare per un fronteggiamento utile. L’adozione del "non-so" metodologico, della "resa" (Wolff 1964 e 1976) a cui segue la "cattura" della situazione, rappresenta la trasposizione operativa dell’apertura alla generazione delle soluzioni, piuttosto che alla chiusura nella coerenza del problema.
Per un servizio sociale trasformativo
- Introduzione
- L'idea di azione in Hannah Arendt
- Le "capabilities" secondo A. Sen e M. Nussbaum prima parte
- Le "capabilities" secondo A. Sen e M. Nussbaum seconda parte
- Unitarietà del soggetto e consapevolezza, ovvero dell'ambiguità del soggetto
- Consapevolezza e «modernità liquida»: la forma dell'acqua
- Verso un servizio sociale trasformativo
- L'oggetto del servizio sociale prima parte
- L'oggetto del servizio sociale seconda parte
- La necessità di uno scarto paradigmatico: l'approccio discorsivo
- Un modello per la pratica
- I vantaggi derivanti
- Conclusioni
- Bibliografia
- Note di testo