Per un servizio sociale trasformativo: approccio dell’agency e narrazione
Unitarietà del soggetto e consapevolezza, ovvero dell’ambiguità del soggetto
Se allora ripensiamo il soggetto del welfare nella prospettiva dell’agency e delle capabilities, quali appaiono essere le sue caratteristiche? Ci riferiamo a un soggetto con diversi gradi di consapevolezza e con diverse possibilità nell’azione. Il soggetto si presenta come unitario? La sua azione coincide sempre con gli elementi valoriali positivi della costruttività e del benessere? Il soggetto nell’azione deve e può essere inteso in modo unitario?
Per una comprensione corretta dell’agency, è necessario fare i conti non solo con situazioni in cui la persona appare scarsamente competente per l’azione, ma proprio con gli aspetti più problematici e tragici dell’azione umana, che spesso produce decapacitazione (powerlessness) ed effetti distruttivi verso se stessi e verso gli altri. La persona viene considerata sia come «vittima, "il proprio peggiore nemico"», sia, al tempo stesso, come «creativa, agente riflessivo» (Hoggett 2001, 37). La percezione dell’unitarietà e semplicità del soggetto agente sembra fondarsi sulla relazione ricorsiva tra più "anime" differenti e spesso opposte tra loro, processo che è necessario esplorare. Per comprendere l’agency è quindi necessario indagare, come suggeriscono Williams, Popay e Oakley (1999), su resoconti che pongano «il soggetto creativo e riflessivo del welfare» al centro della riflessione.
La tendenza verso una ricerca che enfatizza gli aspetti di patologia e di disfunzionalità nel rapporto tra welfare e i suoi soggetti da tempo ha presieduto il dibattito sulle classi sociali marginali; un fuoco fecondo per la ricerca potrebbe invece stare in un’esplorazione della resilienza10 e dell’adattabilità delle persone (Titterton 1992), e delle risorse che rendono possibile che la popolazione svantaggiata fronteggi difficoltà e ambienti stressanti. In altre parole, una policy critica e progressiva dovrebbe essere interessata allo sviluppo di resoconti alternativi circa l’agency. Ritengo che, se accogliamo questa enfasi sulla capacità ingegnosa e creativa del soggetto del welfare, un modello robusto dell’azione debba confrontarsi anche con la possibilità del rifiuto dell’azione da parte del soggetto e con l’affermazione di forme di azione che sono distruttive verso se stessi e verso gli altri, e che sia necessario e possibile esplorare tali «negative capacities» mantenendo un atteggiamento realistico e critico.
Il rapporto tra persona e società, «tra la struttura "fissa" del sistema sociale e la dinamicità dell’azione delle persone al suo interno (agency)» (Ferguson 2001, 41), tra autodeterminazione e sovradeterminazioni, è spesso letto in una direzione lineale (struttura > persona) e trova in Giddens (1990) un punto di vista che tenta di superare il determinismo oggettivistico nella relazione azione/struttura.
Egli insiste sull’idea che è erroneo pensare che le regole operino sopra di noi, anzi, per meglio dire, alle nostre spalle; affermare questo implica che ogni vincolo costituito dal contesto sull’azione offre nel medesimo tempo possibilità diverse di agire:
Siamo di gran lunga più ingegnosi di quanto le visioni oggettivistiche ci accreditino. Siamo responsabili per le nostre azioni per quanto non delle circostanze della nostra scelta: qualsiasi siano le nostre circostanze, abbiamo sempre scelta (Hoggett 2001, 38).
Dire questo significa restituire responsabilità al soggetto e ciò comporta che esso venga inteso come interprete e autore di un punto di vista etico che diventa spesso ispiratore dell’azione (e viceversa). Finch (1989), nel suo lavoro sugli obblighi familiari, mostra come le persone utilizzino i vincoli inserendoli in strategie relazionali più complessive che producono effetti utili: i soggetti del welfare sono visti come «agenti creativi, che agiscono sulle cose, che negoziano e sviluppano le loro strategie di benessere» (Williams e Popay 1999, 162); le persone utilizzano i vincoli come «risorse che possono essere usate dagli attori per modellare il corso delle loro vite» (Hoggett 2001, 39).
Per un servizio sociale trasformativo
- Introduzione
- L'idea di azione in Hannah Arendt
- Le "capabilities" secondo A. Sen e M. Nussbaum prima parte
- Le "capabilities" secondo A. Sen e M. Nussbaum seconda parte
- Unitarietà del soggetto e consapevolezza, ovvero dell'ambiguità del soggetto
- Consapevolezza e «modernità liquida»: la forma dell'acqua
- Verso un servizio sociale trasformativo
- L'oggetto del servizio sociale prima parte
- L'oggetto del servizio sociale seconda parte
- La necessità di uno scarto paradigmatico: l'approccio discorsivo
- Un modello per la pratica
- I vantaggi derivanti
- Conclusioni
- Bibliografia
- Note di testo